La genericità del ricorso in materia di lavoro
Tribunale di Roma, sentenza 22 novembre 2013, n. 13058
Uno dei temi più discussi, e più noti, nell'ambito del processo civile in genere riguarda i contenuti essenziali del primo scritto difensivo con cui si introduce il giudizio o con cui ci si difende a seguito della notifica; nel processo del lavoro, per altro, questo tema assume un sapore particolare, in parte per il rigido sistema di preclusioni e decadenze che governa l'intero rito, per l'altra parte, in ragione dei principi di concentrazione e immediatezza che impongono di essere estremamente puntuali nelle proprie allegazioni e nelle proprie controdeduzioni.
Oralità, immediatezza e concentrazione
Ai sensi dell'art. 414 cod. proc. civ. il ricorso deve contenere una serie di elementi imprescindibili tra cui: (i) la determinazione dell'oggetto della domanda (c.d. petitum); (ii) l'esposizione dei fatti e degli elementi di diritto sui quali si fonda la domanda, con le relative conclusioni (c.d. causa petendi); (iii) l'indicazione specifica dei mezzi di prova di cui si chiede l'ammissione, nonché la specifica indicazione dei documenti di cui il ricorrente intende avvalersi.
E' evidente che il ricorso di primo grado è l'atto più importante di tutto il processo del lavoro, in quanto vincola a sé anche i successivi gradi di giudizio (sia di merito che di legittimità): può apparire pleonastico, ma è utile ricordare che nel ricorso di primo grado si viene a cristallizzare il c.d. thema decidendum, sul quale dovranno prendere posizione le parti convenute e sul quale dovrà decidere il giudice secondo il principio iura novit curia di cui all'art. 12 disp. prel. cod. civ.; in questo contesto, quindi, l'allegazione dei fatti è fondamentale e deve necessariamente essere fatta dalle parti nel primo scritto difensivo senza che vi sia possibilità, da parte del giudice, di ampliare tali fatti neppure con i poteri ex art. 421 cod. proc. civ.
Cfr. sulle allegazioni e poteri del giudice,
Cass. SS. UU., 17.6.2004, n. 11353 :
"Nel rito del lavoro, ai sensi di quanto disposto dagli art. 421 e 437 c.p.c., l'esercizio del potere d'ufficio del giudice, pur in presenza di già verificatesi decadenze o preclusioni e pur in assenza di una esplicita richiesta delle parti in causa, non è meramente discrezionale, ma si presenta come un potere-dovere, sicché il giudice del lavoro non può limitarsi a fare meccanica applicazione della regola formale del giudizio fondata sull'onere della prova, avendo l'obbligo - in ossequio a quanto prescritto dall'art. 134 c.p.c., ed al disposto di cui all'art. 111, 1º comma, cost. sul «giusto processo regolato dalla legge» - di esplicitare le ragioni per le quali reputi di far ricorso all'uso dei poteri istruttori o, nonostante la specifica richiesta di una delle parti, ritenga, invece, di non farvi ricorso; nel rispetto del principio dispositivo i poteri istruttori non possono in ogni caso essere esercitati sulla base del sapere privato del giudice, con riferimento a fatti non allegati dalle parti o non acquisiti al processo in modo rituale, dandosi ingresso alle c.d. prove atipiche, ovvero ammettendosi una prova contro la volontà delle parti di non servirsi di detta prova, o, infine, in presenza di una prova già espletata su punti decisivi della controversia, ammettendo d'ufficio una prova diretta a sminuirne l'efficacia e la portata".
Il ricorso generico: nullità o rigetto nel merito?
Da sempre, la giurisprudenza e la dottrina si sono divise nel valutare e nel considerare gli effetti connessi ad un ricorso carente nelle allegazioni. Si immagini, ad esempio, una controversia per differenze retributive nella quale il ricorrente ometta di allegare i conteggi o di indicare il livello retributivo a cui gli stessi fanno riferimento; in questi casi, quindi, ci si divide tra chi reputa il ricorso nullo (e quindi rinnovabile il giudizio con un nuovo ricorso completo) e chi ritiene che la controversia debba essere decisa nel merito con una sentenza di rigetto, secondo una più aderente visione dei suddetti principi di concentrazione e immediatezza.
Proprio con riferimento alla nullità del ricorso la dottrina più autorevole (Vallebona, "Problemi attuali sul processo del lavoro", Giuffrè, 2006, 31) ritiene che, per aversi un ricorso nullo ai sensi del citato art. 164 cod. proc. civ., è necessario che vi sia omissione totale dell'oggetto del ricorso, oppure che la causa petendi sia incerta o mancante in senso assoluto; a questa posizione, tuttavia, c'è chi potrebbe contrapporre i poteri del Giudice ex art. 421 cod. proc. civ. che consentono allo stesso di introdurre nel processo elementi non allegati prima o di ampliare l'istruttoria qualora ritenuta necessaria: nel caso dei conteggi visto prima, ad esempio, nulla impedirebbe al Giudice del Lavoro di chiedere al ricorrente di produrre dei conteggi nuovi o più dettagliati al fine di quantificare esattamente le differenze retributive per le quali si agisce.