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I punti di accesso nel processo telematico

Diritto 24 Il SOle 24 Ore - Mer, 26/03/2014 - 14:56
Le regole e le specifiche tecniche per l'adozione del processo telematico sono contenute nel Decreto del Ministero della Giustizia del 21 febbraio 2011, n. 44 e nel Provvedimento del 18 luglio 2011, pubblicato sul sito del Ministero della giustizia. Le novità più rilevanti riguardano la diversa regolamentazione dei punti di accesso, ovvero i canali di interazione con l'amministrazione giudiziaria.

Opposizione a decreto ingiuntivo

Diritto 24 Il SOle 24 Ore - Mer, 26/03/2014 - 14:40
In assenza di opposizione, il decreto ingiuntivo acquista efficacia di giudicato formale e sostanziale solo nel momento in cui il giudice, dopo averne controllato la notificazione, lo dichiari esecutivo ai sensi dell'art. 647 cod. proc. civ. Tale funzione si differenzia dalla verifica affidata al cancelliere dall'art. 124 o dall'art. 153 disp. att. cod. proc. civ. e consiste in una vera e propria attività giurisdizionale di verifica del contraddittorio che si pone come ultimo atto del giudice all'interno ...

Legittimità della clausola "claims made"

Diritto 24 Il SOle 24 Ore - Mer, 26/03/2014 - 13:51
In tema di assicurazione, la clausola "claim made" prevede il possibile sfasamento tra prestazione dell'assicuratore (obbligo di indennizzo in relazione all'alea del verificarsi di determinati eventi) e controprestazione dell'assicurato (pagamento del premio), nel senso che possono risultare coperti da assicurazione comportamenti dell'assicurato anteriori alla data di conclusione del contratto, qualora la domanda di risarcimento del danno sia per la prima volta proposta dopo tale data; diversamente, ...

REVOCATORIA ORDINARIA - PROVA DEL CONSILIUM FRAUDIS - CONSAPEVOLEZZA DELLE DIFFICOLTÀ ECONOMICHE DELLA VENDITRICE

Ex Parte Creditoris - Mer, 26/03/2014 - 11:08
La prova della consapevolezza in capo all’acquirente convenuto in revocatoria può essere data per presunzioni ex art. 2729 cc attraverso l’apprezzamento di una serie di indizi gravi, precisi e concordanti.  La mancata prova delle forme, dei tempi e della effettività stessa del pagamento del residuo prezzo di vendita; l’esiguità del prezzo e la consapevolezza dell’acquirente, l’essere stata la vendita seguita in ogni aspetto giuridico e tributario dal padre dell’acquirente, commercialista della società poi dichiarata fallita qualche tempo dopo la vendita, della quale parte venditrice era stata amministratrice ed era garante costituisce la prova indiziaria della conoscenza in capo a parte acquirente delle difficoltà economiche in cui versava la venditrice per i debiti contratti e della finalità dell’atto, quella di sottrarre il descritto immobile all’aggressione del ceto creditorio. Così si è pronunziato il Tribunale di Nola, GI dr. Eduardo Savarese, con la sentenza del 27/2/2014, che ha accolto la domanda di revocatoria proposta dai creditori, avente ad oggetto l’atto di compravendita posto in essere dal debitore in epoca successiva al sorgere del credito. La sentenza è conforme al consolidato principio per il quale la prova del requisito della consapevolezza di arrecare pregiudizio agli interessi dei creditori può essere fornita anche mediante presunzioni precise e concordanti, che possono essere tratte da elementi indiziari valutati nel loro complesso, la cui consapevolezza - ai fini dell'azione esercitata ex art. 2901 comma primo n. 2 cc - consiste nella generica conoscenza del pregiudizio che l'atto posto in essere dal debitore può arrecare alle ragioni dei creditori. Ebbene nel caso in esame gli elementi che hanno fornito la prova indiziaria della conoscenza in capo a parte acquirente delle difficoltà economiche in cui versava la venditrice per i debiti contratti e della finalità dell’atto, quella di sottrarre il descritto immobile all’aggressione del ceto creditorio, sono stati i seguenti: -la mancata prova della negoziazione dell’assegno del residuo prezzo di vendita; -l’esiguità del prezzo e la consapevolezza di tanto in capo all’acquirente; -la circostanza che il padre dell’acquirente, che aveva curato la vendita, era commercialista della società di cui la venditrice era amministratrice. In conclusione la consapevolezza del pregiudizio che l’atto dispositivo arreca ai creditori può essere demandata attraverso l’apprezzamento di elementi indiziari gravi, precisi e concordanti. Per altri commenti correlati si veda: REVOCATORIA ORDINARIA – ALIENAZIONE SUCCESSIVA – OBBLIGO DEL PRIMO ACQUIRENTE DI RISARCIRE IL CREDITORE nella revocatoria ordinaria il creditore può rivalersi, in caso di alienazione successiva, sul corrispettivo ricevuto dal primo acquirente. Ordinanza | Tribunale Napoli - Collegio seconda sezione civile | 28-06-2011 | n.10836 REVOCATORIA ORDINARIA: CHI VANTA UN CREDITO LITIGIOSO È LEGITTIMATO AD AGIRE non ricorrono i presupposti per la sospensione necessaria di un giudizio per revocatoria ordinaria ex art. 2901 cc qualora il credito dedotto a fondamento della stessa sia litigioso. Sentenza | Tribunale di Napoli, sezione terza, Giudice Unico dott. Ettore Pastore Alinante | 13-11-2012 | n.12293 REVOCATORIA ORDINARIA: IL CREDITORE, PUÒ AGIRE GIUDIZIALMENTE ANCHE SE IL CREDITO È SOGGETTO A CONDIZIONE O A TERMINE Il credito eventuale in veste di credito litigioso è idoneo a determinare l’insorgere della qualità di creditore che abilita all’esperimento dell’azione revocatoria. Sentenza | Tribunale di Napoli, Giudice Unico dott. Giovanni Tedesco | 13-12-2012 | n.13505...

Stato di adottabilità - E' sufficiente la relazione dei servizi sociali?

Diritto 24 Il SOle 24 Ore - Mer, 26/03/2014 - 10:41
La Prima Sezione della Corte di Cassazione, con la sentenza in commento, ha affrontato una questione estremamente delicata che, a ben vedere, lascia irrisolto un quesito che può definirsi centrale nella valutazione dell'adeguatezza genitoriale; questa ricordiamo essere una condizione dell'essere umano che l'ordinamento è chiamato a valutare in più occasioni e non solamente nel giudizio sullo stato di abbandono dei minori.

PROVVIGIONE: sorge come conseguenza dell’obbligo alla stipula di una vendita

Ex Parte Creditoris - Mer, 26/03/2014 - 10:27
Il diritto alla provvigione ex art. 1755 c.c. sorge quando sia sorto un obbligo alla stipula di una vendita, di cui siano individuati i termini essenziali, ed il cui inadempimento sia sanzionabile anche solo con il risarcimento del danno (ex art. 1218 c.c.). È quanto espresso dal dott. Claudio Casarano, Giudice del Tribunale di Taranto, che con sentenza n. 902 del 24-03-2014 si è occupato di stabilire quando ricorre l' "affare" che, ex art. 1755 c.c., fa sorgere il diritto alla provvigione. Il caso di specie trae origine da una proposta irrevocabile di acquisto, che aveva anche il contenuto di un contratto preliminare di acquisto di immobile e non già una semplice opzione. Ed invero, nella proposta di acquisto che l’agenzia faceva sottoscrivere erano indicati, non solo tutti gli elementi identificativi della futura vendita (la data entro la quale sarebbe dovuta avvenire la stipula del rogito, il prezzo e le caratteristiche del bene), ma era anche espressamente prevista la valenza dello stesso contratto come preliminare, essendo inclusa la seguente dicitura: “Conclusione del contratto preliminare. La presente proposta si perfeziona in vincolo contrattuale (contratto preliminare) non appena il proponente avrà conoscenza dell’accettazione della proposta stessa da parte del venditore…”. Pertanto, spiega il Giudice, alcun rilievo può assumere la difesa della parte che fa leva sul principio di diritto in base al quale la ricorrenza di un semplice negozio preparatorio, quale ad esempio l’opzione, non fa sorgere il diritto alla provvigione, atteso che, in tal caso, solo una delle parti è vincolata alla proposta, mentre l’altra è libera di accettarla o meno. In realtà, il testo contrattuale sottoposto all’attenzione del Tribunale, aveva le caratteristiche di un vero e proprio preliminare sol che fosse seguita la conoscenza dell’accettazione della proposta da parte dello stesso proponente. In altri termini, avvenuta la comunicazione al proponente dell’accettazione della proposta (preliminare) ad opera del proprietario del bene individuato, l’affare doveva ritenersi concluso per l’agenzia ex art. 1755 c.c., con conseguente diritto alla provvigione. Deve infatti considerarsi, che in virtù del preliminare, sorge l’obbligo della conclusione del definitivo per i contraenti; peraltro sanzionabile con l’esecuzione in forma specifica ex art. 2932 c.c.. o, quando non è in concreto possibile, con il risarcimento del danno ex art. 1218 c.c.( equivalente monetario del bene promesso in vendita). Ed infatti: "...Il diritto alla provvigione ex art. 1755 c.c. sorge quando sia sorto un obbligo alla stipula di una vendita, di cui siano individuati i termini essenziali, ed il cui inadempimento sia sanzionabile anche solo con il risarcimento del danno ( ex art. 1218 c.c.)...” In conclusione, il Tribunale di Taranto ha rigettato l'opposizione a decreto ingiuntivo, condannando l'opponente al pagamento delle spese di giudizio....

REVOCATORIA FALLIMENTARE: la prescrizione decorre dall’apertura del fallimento, anche se preceduto da concordato

Ex Parte Creditoris - Mer, 26/03/2014 - 09:37
In caso di consecuzione tra la procedura di concordato preventivo e quella di fallimento, i termini di cui all’art.67 l.fall., sono da calcolare a ritroso dalla data di ammissione alla procedura concordataria, mentre il termine di cui all’art.2935 c.c., comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere, ovvero a far tempo dall’apertura del fallimento. Ai fini della prova della scientia decotionis, deve riconoscersi, in assenza di diverse allegazioni e ricostruzioni circa l’andamento del rapporto, che l’esposizione debitoria maturata dalla società su un conto corrente non affidato costituisce sintomo della fiducia della banca che ha consentito alla società poi fallita di operare allo scoperto. Questi i principi enunciati dalla Corte d’Appello di Napoli, prima sezione civile, con la sentenza n.1287 del 21/03/2014, nell’ambito di un giudizio di revocatoria fallimentare proposto da una curatela sul presupposto che alla procedura di concordato era seguita la dichiarazione di fallimento. In particolare, il Tribunale in primo grado aveva rigettato la domanda attorea sul presupposto della intervenuta prescrizione del diritto, richiamando il principio della giurisprudenza della Suprema Corte, secondo il quale "nell'ipotesi di fallimento dichiarato nel corso della procedura di concordato preventivo il termine (quinquennale, ex art. 2903 c c.) per la proposizione delle azioni revocatorie fallimentari previste dall'art. 67 1. fall., decorrono dalla data del decreto di ammissione alla procedura di concordato preventivo e non da quella della sentenza dichiarativa di fallimento, attesa la unificazione e la continuità nel passaggio dall'una procedura all'altra" (Cass. Civ., 27.10.1995, n. 11216). La Corte d’Appello di Napoli, pur confermando, nel merito, il rigetto della domanda, ha evidenziato come il giudice di prime cure avesse operato una sovrapposizione dei due distinti profili (termini del periodo sospetto e termini di prescrizione dell'azione), ritenendo che nel caso di specie non ricorresse alcuna prescrizione del diritto, posto che esso era stato esercitato giusta atto di citazione notificato entro cinque anni dalla data della dichiarazione di fallimento. Sul punto la Corte chiarisce, infatti, che “i termini di cui all'art. 67 l.fall. non sono quelli di prescrizione del diritto, come considerato dal primo giudice, ma si riferiscono ai termini dei cd. periodi sospetti, che nel caso che occupa è quello di un anno da calcolare, in base al consolidato principio giurisprudenziale sopra citato, a ritroso dalla data di ammissione alla procedura concordataria. Del tutto distinto da tale termine è quello di prescrizione, che concerne l'esercizio dell'azione, il quale, ai sensi dell'art. 2935 ce, comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere ovvero a far tempo dall'apertura del fallimento, come pure chiarito dalla lezione del Supremo Collegio”. Con riferimento al merito della domanda di inefficacia ex art. 67 I. fall. delle rimesse bancarie, la Corte ha rigettato la stessa sul presupposto della mancanza del requisito soggettivo della scientia decotionis. Già nel corso del giudizio di primo grado, la banca convenuta aveva eccepito come lo stesso non potesse desumersi né dal riferimento ai bilanci, i quali non presentavano indici patrimoniali tali da far presumere la sussistenza dello stato di insolvenza della società, né, a maggior ragione, dalla natura di "operatore qualificato" della banca, occorrendo al tal fine una conoscenza effettiva e concreta della condizione di indebitamento non desumibile dalla mera posizione soggettiva rivestita dal creditore, tanto anche in considerazione del fatto che non era stata provata la circostanza della consegna dei bilanci dell’Istituto di credito.  La Corte, al riguardo, ha chiarito come nessuno dei sopramenzionati elementi risultasse, infatti, idoneo a fornire la prova in oggetto, sottolineando in primis che “la natura di operatore economico qualificato della banca costituisce argomento che, di per sé, non prova nulla, valendo semmai solo a giustificare, nel quadro di un contesto indiziario già sintomatico della conoscenza dello stato di insolvenza, la percezione dì esso da parte dell'istituto di credito in base al criterio del più probabile che non. Ai fini di tale prova, aggiunge la Corte d’Appello, come debba, in realtà, “riconoscersi, in assenza di diverse allegazioni e ricostruzioni circa l'andamento del rapporto, che l'esposizione debitoria maturata dalla società sul conto corrente non affidato costituisca sintomo della fiducia della banca che ha consentito alla società di operare allo scoperto”. In conclusione, La Corte d’Appello di Napoli ha confermato la sentenza di primo grado di rigetto della domanda....

CONCORDATO PREVENTIVO

Diritto 24 Il SOle 24 Ore - Mar, 25/03/2014 - 17:17
Con la riforma del 2006 il legislatore, accostando ai casi nei quali la prededucibilita' e' attribuita a determinati crediti da specifiche disposizioni di legge la determinazione dei criteri generali in base ai quali essa puo' essere riconosciuta dal giudice della procedura fallimentare, ha a tal fine richiesto la verifica - da compiersi secondo le modalita' delineate dalla L.F., articolo 111 bis - che si tratti di crediti sorti "in occasione o in funzione" delle procedure concorsuali previste ...

Decurtazione dei punti della patente di guida

Diritto 24 Il SOle 24 Ore - Mar, 25/03/2014 - 16:29
La decurtazione dei punti di patente costituisce una sanzione amministrativa conseguente alla violazione di norme sulla circolazione stradale ed il contenzioso relativo all'applicazione di tale sanzione accessoria deve ricondursi, ai sensi degli artt. 204 bis e 205 del D.Lgs. n. 285/92, alla giurisdizione del giudice competente in materia, ovvero, al Giudice Ordinario. Tribunale Amministrativo Regionale Veneto - Venezia, Sezione 3, Sentenza 3 dicembre 2013, n. 1353

Nessun danno all'immagine alla Pa se il carabiniere va dal barbiere durante il turno di guardia

Diritto 24 Il SOle 24 Ore - Mar, 25/03/2014 - 15:37
Per la configurazione del danno all'immagine della pubblica amministrazione è necessario che la lesione abbia un determinato grado di offensività: al di sotto di una certa soglia di pregiudizio non si configura alcuna responsabilità erariale. In particolare tale danno deve minare l'immagine pubblica così da ingenerare una disapprovazione nella collettività

Siti on line: la diffamazione non apre la strada al sequestro

Diritto 24 Il SOle 24 Ore - Mar, 25/03/2014 - 15:03
Le pubblicazioni sul web non godono della garanzia riservata alla stampa dall'articolo 21, comma 3, della Costituzione, conseguendone l'ammissibilità del sequestro preventivo (mediante oscuramento) nel caso di pubblicazione dal contenuto diffamatorio.

ABUSO DEL PROCESSO: CONDANNA PER LITE TEMERARIA

Ex Parte Creditoris - Mar, 25/03/2014 - 14:30
Integra un’ipotesi di abuso del processo la condotta della parte processuale che promuova un giudizio sulla base di una prospettazione giuridica del  tutto opposta rispetto a quella sostenuta in altro giudizio. E’ questo il principio di diritto statuito dal Tribunale di Verona, in persona del dottor Massimo Vaccari, con sentenza del 28/02/2014, in materia di abuso del processo e di lite temeraria ex art.96 terzo comma cpc. Nel caso di specie, la sentenza trae origine dall’azione esperita da una parte che aveva promosso il giudizio sulla base di presupposti giuridici opposti rispetto a quelli che aveva sostenuto in altro precedente giudizio nel quale era stata convenuta e che si era svolto tra le medesime parti.  Ebbene, il Giudice, chiamato a pronunziarsi sul caso de quo, ha condannato la condotta della parte istante che aveva promosso il giudizio sulla base di una prospettazione giuridica opposta rispetto a quella che aveva sostenuto in altro giudizio di cui era parte convenuta. Alla luce di tali considerazioni, il Tribunale, ritenuto che una simile condotta integrasse un’ipotesi di abuso del processo, connotato altresì dall’elemento soggettivo presupposto dall’art.96 terzo comma cpc, ha condannato l’attore soccombente al pagamento di una somma, equitativamente determinata, in favore della controparte. In motivazione, il Giudice ha altresì menzionato la sentenza n.703/13 del Consiglio di Stato, che aveva ravvisato un’ipotesi di abuso del processo nella condotta del ricorrente il quale aveva dedotto un motivo di impugnazione con cui aveva contestato la giurisdizione da lui stesso adita al fine di ribaltare l’esito negativo nel giudizio di merito.  In quell’occasione, il giudice amministrativo ha stabilito che una simile condotta fosse in palese contrasto con il divieto del venire contra factum proprium, posto a salvaguardia del generale divieto di abuso del diritto e del precetto di buona fede di cui il principio dell’abuso del processo è indubbio precipitato....

Aggiudicazione gare: in assenza di sub criteri supplenza della Commissione sui punteggi

Diritto 24 Il SOle 24 Ore - Mar, 25/03/2014 - 13:02
Nelle gare d'appalto in assenza di sub criteri o griglie di valutazione particolarmente dettagliate, la Commissione di gara può supplire al deficit motivazionale, insito nel punteggio numerico abbinato a criteri preventivi di giudizio non sufficientemente specifici, esplicitando le ragioni dell'attribuzione del punteggio stesso

USURA BANCARIA: tasso di mora e tasso corrispettivo oggetto di autonoma valutazione

Ex Parte Creditoris - Mar, 25/03/2014 - 12:49
Tasso d’interesse corrispettivo e tasso d’interesse di mora non vanno sommati ai fini della verifica dell’usurarietà di un contratto di mutuo. Sostenere il contrario sarebbe un errore di carattere logico, oltre che giuridico. Quando gli interessi corrispettivi siano pattuiti “sotto soglia” e l’usurarietà derivi dall’applicazione dei soli interessi moratori, unicamente questi ultimi saranno “colpiti” dalla sanzione della nullità ex art.1815, secondo comma cc. Lo ha ribadito il Tribunale di Trani, in persona del Giudice dott.ssa Francesca Pastore, con ordinanza del 10-03-2014, “gemella” della pronuncia già oggetto di pubblicazione – e di ampio dibattito – su questa rivista. Il caso di specie è perfettamente sovrapponibile a quello vagliato nella decisione appena citata: il mutuatario deduce l’usurarietà dello stipulato contratto, affermando che, sulla scorta di quanto sancito dalla - ormai nota – sentenza 350/2013 della Corte di Cassazione, interesse corrispettivo ed interesse di mora vanno sommati ai fini della valutazione del superamento del tasso soglia. Netto, anche in questo caso, il rigetto di tali argomentazioni. Verificato preliminarmente che le parti avevano “pattuito un tasso diverso e alternativo per due differenti tipologie d'interessi, applicabili in ipotesi distinte e alternative”, il Giudice pugliese ha “gioco facile” nell’affermare che la tesi del mutuatario poggia tutta su un'interpretazione errata e illogica dal chiaro dettato normativo e dello stesso contratto  Orbene (e l’espressione suonerà familiare ai lettori della nota all’ordinanza “gemella”) “sostenere che il tasso soglia ex L 108/1996 sarebbe superato per effetto della sommatoria fra il tasso debitore del mutuo e quello moratorio è un errore di carattere logico oltre che giuridico”. Alla luce della lettura delle pattuizioni contrattuali e di una valutazione sulla diversità “ontologica” dei due tipi di interesse (“gli interessi corrispettivi del mutuo […] rappresentano il prezzo dell'operazione di mutuo e il vantaggio che il mutuante riceve nel sinallagma, avendo le parti stabilito un mutuo di carattere oneroso. Nell'altro caso [degli interessi corrispettivi, ndr] si fissa la misura dell'interesse dovuto ove il rapporto entri nella patologia, cioè ove la parte mutuataria non paghi quanto dovuto per la restituzione del denaro ricevuto in prestito”) la tesi del mutuatario non può trovare accoglimento neanche sulla base, sic et simpliciter, di un’applicazione estensiva del principio statuito dalla Cassazione con la sentenza n.350/2014, sia perché le risultanze documentali di quel particolare caso di specie non sono note, sia perché l’onere di deduzione e di allegazione di parte ricorrente non può esaurirsi con “la sola invocazione di una pur autorevole pronuncia”, ma soprattutto perché la Cassazione mai ha affermato che il tasso moratorio va sommato a quello corrispettivo nella valutazione di usurarietà! Tale notazione, che su questa rivista si è ampiamente evidenziata in sede di commento critico alla stessa sentenza n.350/2013, sembra tuttavia non così scontata, atteso che, all’indomani della pubblicazione di detta pronuncia, sull’erroneo presupposto dell’additività dei due tipi di interesse, è proliferato il contenzioso in danno degli istituti di credito. L’ordinanza in commento, conformemente a quanto già stabilito dal Tribunale di Milano, sesta sezione, dott.ssa Laura Cosentini, ordinanza del 28 gennaio 2014 -   e dal Tribunale di Napoli, quinta sezione civile, dott. Enrico Ardituro, ordinanza del 28 gennaio 2014 - sgombra il campo da tale interpretazione distorta, giungendo all’importante conseguenza giuridica che la sanzione della nullità “punitiva” ex art.1815 cc, secondo comma, per il caso in cui l’interesse corrispettivo sia stato lecitamente pattuito, non può mai “colpire” l’intero ammontare degli interessi (corrispettivi e moratori), ma – attesa la necessità di valutare autonomamente le due clausole – riguarderà eventualmente solo il tasso di mora, quando l’applicazione di quest’ultimo determini lo sforamento della soglia antiusura (circostanza, quest’ultima, che fa propendere parte della dottrina per la configurazione di un fenomeno di “usura sopravvenuta”, con tutte le problematiche legate a tale concetto). L’orientamento della giurisprudenza di merito può dirsi ormai segnato, attesa anche la pesante condanna alle spese nei confronti del ricorrente, da cui può evincersi che la questione è giudicata meno “nuova” e “complessa” di quanto venga pubblicizzato da più parti....

Illegittimo l’avviso di accertamento notificato alla Società cancellata dal Registro delle Imprese

Ex Parte Creditoris - Mar, 25/03/2014 - 12:35
Illegittimo l’avviso di accertamento notificato alla Società cancellata dal Registro delle Imprese. L’invalidità travolge altresì i conseguenti provvedimenti esattivi notificati agli ex soci, poiché motivati per relationem all’avviso di accertamento insanabilmente viziato. È quanto emerge dalla sentenza emessa il 4 marzo 2014, dalla terza sezione della Commissione Tributaria Provinciale di Reggio Emilia. La res controversa su cui i giudici emiliani si sono pronunciati ha inizio nel 2008, allorquando una srl (a seguito di una trasformazione “evolutiva” da snc) era stata posta dapprima in liquidazione volontaria e successivamente cancellata dal Registro delle Imprese. A seguito di tale cancellazione, l’Agenzia delle Entrate procedeva a notificare alla “nuova” srl un avviso con cui accertava una maggiore imposta Ires, Iva ed Irap, contestando al contempo un maggiore imponibile Irpef agli ex soci. A detta dell’Amministrazione Finanziaria, infatti, l’estinta Società avrebbe dedotto costi per fatture considerate inesistenti in quanto “emesse da un imprenditore individuale che non avrebbe avuto la struttura tecnica necessaria per realizzare il volume d’affari dichiarato”. Ebbene, gli ex soci impugnavano l’atto de quo, contestando in nuce la legittimità della pretesa impositiva, in quanto l’accertamento sarebbe stato affetto da giuridica inesistenza per via, appunto, della cancellazione della Società dal Registro delle Imprese, così come sostenuto dalle Sezioni Unite della Cassazione nella celeberrima sent. n. 4062/2010. Doglianza che veniva pienamente accolta dai giudici di prime cure, i quali decretavano la nullità dell’avviso di accertamento a causa della mancanza di un elemento essenziale, ossia il soggetto destinatario, essendo l’avviso in contestazione “intestato ad un soggetto, ente societario, inesistente in quanto estinto”. Il Collegio giudicante, tuttavia, non si è limitato a questo aspetto, affermando altresì la nullità degli avvisi di accertamento notificati ai ricorrenti (questa volta ai fini Irpef) per carenza di motivazione, in quanto “motivati per relationem con un atto, a sua volta nullo”. Sarebbe venuto meno, quindi, da parte degli ex soci/amministratori, il potere di impugnare l’atto iure proprio, in quanto non si ricadrebbe in una delle fattispecie delineate dall’art. 36, DPR 602/73. Dalla lettura della sentenza in commento, si evince dunque che i Giudici di merito stanno procedendo a recepire le istruzioni “impartite” dalle Sezioni Unite della Cassazione che, già dal 2010 (per via della sentenza citata) e, più di recente con le Sentt. nn. 6070, 6071 e 6072 del 12 marzo 2013, hanno di fatto sancito la giuridica inesistenza degli atti tributari notificati alle Società estinte. Del pari viene sancita la parificazione degli effetti della cancellazione dal Registro delle Imprese sia per le società di capitali che per quelle di persone....

Automatismi stipendiali del personale scolastico: disposizioni urgenti

Diritto 24 Il SOle 24 Ore - Mar, 25/03/2014 - 12:22
Gazzetta Ufficiale - Serie Generale del 24-3-2014 n. 69

Danno biologico: Roma adegua le tabelle e sulle lesioni gravi è più «generosa» di Milano

Diritto 24 Il SOle 24 Ore - Mar, 25/03/2014 - 12:22
Roma si aggiorna all'inflazione. Nella scorsa settimana le tabelle del danno non patrimoniale del tribunale di Roma sono state adeguate al costo della vita.

Illegittime per eccesso di delega le norme che puniscono la tardiva registrazione del contratto di affitto

Ex Parte Creditoris - Mar, 25/03/2014 - 11:31
La norma di cui ai commi 8 e 9, art. 3 del d.lgs. 23/2011, che prevede la riduzione dell’affitto minimo per i proprietari che non registrano i contratti d’affitto, è incostituzionale per eccesso di delega. Così si è pronunciata la Corte Costituzionale con sentenza n. 50 del 15/03/2014, che ha risposto alle censure di illegittimità costituzionale dei commi 8 e 9 dell’art. 3 del d.lgs. 23/2011 proposte su ordinanza del Tribunale di Salerno, al quale si sono aggiunte poi le istanze di altri giudici a quo. La norma in questione prevede che per i contratti di locazione d’immobili ad uso abitativo che non siano stati registrati nei termini stabiliti dalla legge, la disciplina stabilita dalle parti deve essere sostituita con quella legale: la durata della locazione viene fissata in quattro anni a decorrere dalla registrazione (volontaria o d’ufficio); il contratto di locazione deve essere rinnovato per altri quattro anni al momento della scadenza; il canone annuo deve corrispondere al triplo della rendita catastale, oltre l’adeguamento, dal secondo anno, pari al 75% dell’aumento degli indici ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie degli impiegati ed operai. Queste previsioni inoltre trovano applicazione anche nel caso in cui nel contratto di locazione sia stato indicato un importo inferiore a quello effettivo o si tratti di un comodato fittizio. Avverso questo assetto normativo i giudici a quo hanno evidenziato in primo luogo, sia pure con una varietà di accenti, la violazione degli artt. 3 e 76 Cost. È stato censurato, in violazione al principio di uguaglianza, che le sanzioni previste risultano ingiustificatamente penalizzanti per il locatore, atteso che sostituiscono il canone da esso stabilito con altro legale di ammontare irrisorio, e premiale, invece, per il conduttore, dando al contratto una durata di quattro anni rinnovabile per altri quattro ancora. Inoltre la disciplina determina una disparità di trattamento tra locazioni ad uso abitativo e locazioni ad uso commerciale e si porrebbe in contrasto con il principio di autonomia negoziale e con il disposto dell’art. 1419 c.c., in base al quale il contratto parzialmente nullo è fatto salvo solo ove che le parti lo avrebbero ugualmente concluso. Rispetto all’art. 76 Cost., poi, i giudici a quo osservavano che il decreto legislativo era uscito fuori dai confini della legge delega, in quanto questa aveva l’obiettivo di impedire l’evasione fiscale, al contrario la sanzione della mancata registrazioni nei termini di legge del contratto di locazioni mal si poteva conciliare con questo obiettivo. La risposta della Consulta si è fatta sentire principalmente in riferimento a quest’ultimo punto. La Corte ha osservato, infatti, che la legge delega ha come fine quello di “assicurare, attraverso la definizione di dei principi fondamentali del coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario e la definizione della perequazione, l’autonomia finanziaria dei comuni, provincie, città metropolitane e regioni nonché al fine di armonizzare i sistemi contabili e gli schemi di bilancio dei medesimi enti e relativi termini di presentazione e armonizzare i sistemi contabili e gli schemi di bilancio dei medesimi enti [..] in funzione delle esigenze di programmazione, gestione e rendicontazione della finanza pubblica”. In conclusione è evidente, continua la Corte, come il decreto legislativo sia del tutto estraneo rispetto alla normativa quadro, essendo lo stesso, volto semplicemente a sostituire la disciplina contrattuale con quella legale in caso di ritardata registrazione del contratto di locazione, senza avere quindi alcun legame con gli obbiettivi di politica fiscale della legge delega. Le disposizioni denunciate sono state, pertanto, dichiarate costituzionalmente illegittime per contrasto con l’art. 76 della Costituzione, restando assorbiti gli ulteriori profili di illegittimità prospettati. Per ulteriori approfondimenti in merito a tale argomento si rinvia all’articolo di questa rivista: CONTRATTO DI LOCAZIONE NON REGISTRATO E MAXI SANZIONE la sanzione prevista dal d. lgs. n. 23/2011 non si applica ai contratti di locazione stipulati prima della entrata in vigore dello stesso...

Contratto di apprendistato: le novità varate dal Governo

Diritto 24 Il SOle 24 Ore - Mar, 25/03/2014 - 10:49
Il nuovo Governo ha varato alcune norme in materia di contratto di apprendistato, finalizzate a un'ulteriore semplificazione di un istituto che aveva ed ha lo scopo di costituire un canale d'ingresso privilegiato nell'ambito del mondo del lavoro e che dovrebbe stimolare l'occupazione attraverso: (i) l'individuazione di un termine di durata per la formazione; (ii) benefici contributivi e retributivi alle imprese e (iii) una corretta formazione in base alle esigenze dell' azienda.

La figura dell'agente alla luce del progetto di riforma della FIFA

Diritto 24 Il SOle 24 Ore - Mar, 25/03/2014 - 10:41
Il Regolamento Agenti FIGC, in armonia da quanto previsto dal Regolamento Agenti FIFA, definisce gli Agenti come: "liberi professionisti senza alcun vincolo associativo nei confronti della FIGC o di società di calcio affiliate alla FIGC, e non sono considerati ad alcun titolo tesserati della FIGC. Con la domanda e la successiva accettazione del rilascio della Licenza a loro nome, si obbligano in via negoziale a rispettare il regolamento, le altre norme federali e le norme emanate dalla FIFA. In ...

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