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Voto di scambio, ghigliottina al Senato fra le protesto M5S

Diritto 24 Il SOle 24 Ore - Gio, 10/04/2014 - 15:00
Ok del Senato alla chiusura anticipata del dibattito chiesto da Pd FI e Ncd e la 'ghigliottina' scatena la protesta M5s che già contesta il provvedimento. A presiedere è il leghista Roberto Calderoli che richiama più volte i senatori di Beppe Grillo e minaccia esplusioni: «Ogni altra intemperanza - dice, infatti, ad un certo punto - oggi determinerà per qualcuno l'anticipo delle vacanze di Pasqua»

CONTRATTO DI GESTIONE PORTAFOGLIO: INAPPLICABILITA’ DEL PRINCIPIO DI APPROVAZIONE TACITA DEL RENDICONTO

Ex Parte Creditoris - Gio, 10/04/2014 - 14:36
Con la sentenza n. 4393 del 24.02.2014 la Suprema Corte prende in esame il contratto di gestione di portafoglio titoli con particolare riferimento alla valutazione di eventuali scelte di gestione difformi da quelle previste in contratto nonché alle possibili contestazioni che possono essere mosse dal cliente alla Banca. In particolare, vengono esaminati i possibili effetti riconducibili alla mancata contestazione da parte del cliente dei rendiconti di gestione, evidenziando come un eventuale comportamento passivo del cliente dinanzi all’invio di tale documentazione non generi alcun meccanismo di approvazione tacita degli stessi, necessitando, nel merito, una valutazione complessiva del suo contegno da parte del Giudice. Viene esclusa, pertanto, un’applicazione analogica al rendiconto di gestione degli istituti previsti dagli articoli 119 T.U.B. e 1832 c.c., con ciò segnando una netta distinzione tra il documento relativo al riepilogo di gestione del portafoglio e gli estratti conto bancari, precisando come i primi “non siano meri riepiloghi storico-contabili, bensì veri e propri rendiconti di gestione”. Dinanzi, quindi, ad una violazione degli obblighi di gestione da parte del mandatario, il cliente manterrà il proprio diritto al risarcimento del danno fintanto che esso non si estingua per prescrizione, non potendosi in alcun modo verificare una decadenza (nei termini suddetti) non prevista dal legislatore. Ciò premesso, il Supremo Collegio, passando ad analizzare l’istituto della gestione di portafoglio, compie un’ulteriore rilevante precisazione, affermando come il dovere di realizzare il massimo profitto nell’interesse del cliente permanga per tutto il periodo del mandato di gestione, non essendo possibile operare alcuna compensazione tra i risultati migliori precedentemente conseguiti e quelli attuali inferiori. IL CASO Il Tribunale di Verona, accoglieva la domanda di parte attrice volta ad ottenere la condanna al risarcimento del danno per negligenza nella gestione del proprio portafoglio titoli, conferita dal cliente all'intermediario con contratto di mandato. Il Giudice di prime cure, rilevava, infatti, un inadempimento gravemente colposo da parte dell'istituto di credito, che aveva posto in essere un criterio prudenziale nella gestione del suddetto portafoglio titoli, in maniera difforme rispetto a quanto convenuto in contratto. Tale violazione consisteva, di fatto, in una riduzione da parte dell'intermediario della quota azionaria della gestione, la quale determinava una minore redditività, che ad avviso della Corte di merito, andava valutata complessivamente con la precedente gestione. La Corte d’Appello, invece, riformando la decisione di primo grado, statuiva che la inesatta esecuzione del contratto doveva riflettere l’attività del mandatario nel suo complesso. Pertanto la valutazione complessiva dell’operato del gestore doveva essere letta con riferimento all’intero triennio di gestione, il quale evidenziava una redditività superiore a quello di fondi comuni di investimento. Avverso tale sentenza veniva proposto ricorso per Cassazione. LA DECISIONE 1) DIFFERENZE SOSTANZIALI TRA RENDICONTO DI GESTIONE ED ESTRATTO CONTO E CONSEGUENTE INAPPLICABILITÀ DI MECCANISMI DI APPROVAZIONE TACITA DEL RENDICONTO La sentenza in commento analizza preliminarmente la questione inerente la possibile operatività di meccanismi di approvazione tacita del rendiconto di gestione dinanzi a comportamenti passivi del cliente. L'impossibilità di una approvazione tacita delle operazioni svolte dal gestore, viene dedotta attraverso la ricostruzione degli effetti riconducibili all'invio del rendiconto di gestione al cliente. Tale documento, a differenza dell'estratto di conto corrente, non è un semplice “riepilogo di dati storico-contabili, bensì dei veri e propri rendiconti di gestione”. Data la radicale diversità di funzione, ad esso non potrà essere estesa per analogia, secondo la Suprema Corte, la disciplina prevista dagli articoli 119 T.U.B. e 1832 c.c., relativa alla approvazione tacita degli estratti conto in difetto di pronta contestazione. Stante la sostanziale differenza di funzione e di contenuto tra i due documenti descritti e quindi l'impossibilità di una estensione analogica della normativa suddetta al rendiconto periodico di gestione del portafoglio, non si potrà verificare a carico del cliente alcuna decadenza portata da un eventuale contegno passivo dinanzi all'invio di tale documento. Tale distinzione è confermata dalla giurisprudenza che, nel merito, ha confermato come l'estratto conto abbia la funzione di certificare la verità storica dei dati indicati nel conto, svolgendo così una funzione informativa, mentre il rendiconto di gestione, come detto, non ha mera funzione di riepilogo di dati storici, bensì di vero e proprio resoconto di gestione. Il contegno tenuto dal cliente, pertanto, dovrà essere valutato dal giudice nel suo complesso alla luce del principio della buona fede, non essendo espressamente previsto a suo carico dal legislatore alcun meccanismo di decadenza in caso di non tempestiva contestazione dell’operato del gestore. L’impossibilità di una approvazione tacita del rendiconto di gestione è inoltre confermata dalla causa contrattuale che il contratto di gestione di portafoglio. Tale figura contrattuale, sebbene vicina alla figura del mandato, come affermato nella decisione in esame, differisce da essa per la caratteristica di una previsione di tutela più ampia per l'investitore, sicuramente contraddetta dalla operatività di un principio di approvazione tacita dei rendiconti periodici non contestati. Nel merito si è altresì osservato come nel caso in cui tale contratto fosse figura tipica e quindi non appartenente al tipo del mandato, le norme di tale istituto sarebbero ad esso applicabili solo in via analogica, permettendo così l'applicazione a tale contratto della normativa regolamentare in materia finanziaria, con ogni pregiudicato giuridico da ciò discendente. Al di là della ricostruzione giuridica della causa contrattuale, è da rilevare come all'interno del contratto di gestione di portafogli, la pattuizione che le parti concordano ha assoluto rilievo. Ciò trova conferma nella prescrizione di forma dello stesso ai sensi dell'art. 23 T.U.F..  Proprio dagli obblighi assunti con tale atto dal gestore, quindi, discende l'interesse del cliente al rispetto dei doveri gravanti su di esso.  L'inciso, pertanto, conferma l'assoluta irrilevanza della mancata contestazione dei rendiconti di gestione da parte del cliente, il quale in virtù delle pattuizioni contrattuali, ha facoltà di pretendere il ristoro del danno subito sino al termine di prescrizione previsto dall’ordinamento per tale azione, senza che si verifichi a suo carico alcun meccanismo di approvazione tacita degli stessi. 2) CRITERI E MODALITA' DI VALUTAZIONE DELLA GESTIONE DA PARTE DELL'INTERMEDIARIO. Passando ad analizzare i precipui obblighi di gestione dell'intermediario, la sentenza in commento afferma come tale valutazione non possa essere formulata in modo globale, bensì debba avere riguardi a tutti i segmenti dell'arco temporale relativo alla durata del contratto. Infatti, se in un particolare periodo di gestione viene rilevata una grave violazione degli obblighi assunti in contratto da parte dell’istituto di credito, non sarà possibile valutare il risultato di gestione degli anni precedenti unitamente a tale segmento, operando in tal modo una compensazione tra gli utili maggiori della precedente gestione e quelli minori conseguenti ad un comportamento “prudenziale” contrario agli obblighi contrattuali stessi. La Corte di Cassazione, nel merito, chiaramente afferma come gli obblighi di miglior cura dell'interesse del cliente permangono per tutta la durata contrattuale prevista e pertanto non trova giustificazione che un miglior risultato di gestione legato ad un periodo precedente autorizzi successivi risultati deteriori di gestione. L'argomentazione su cui tale assunto si fonda è quella relativa al fatto che tali pregressi proventi non sono “un qualcosa che il cliente abbia lucrato al di là di quanto gli spettasse, e rispetto al quale si possa quindi operare una sorta di compensazione con minori guadagni del periodo successivo.”  Il cliente, infatti, conserva il proprio diritto al miglior rendimento possibile per tutta la durata del contratto di gestione. Ove, quindi, il gestore viene meno a tale dovere anche per un segmento temporale del periodo di gestione è facoltà del cliente agire nei riguardi di quest'ultimo per ottenere il risarcimento del danno provocato da tale inadempimento....

MUTUO FONDIARIO - AMMISSIONE AL PASSIVO – REVOCA IPOTECA - LEGITTIMITÀ

Ex Parte Creditoris - Gio, 10/04/2014 - 13:50
 1. La nullità del contratto di mutuo fondiario contratto per estinguere debiti pregressi di natura chirografaria. La I^ sezione della Cassazione Civile con sentenza del 17/12/2013 n. 4185 ha confermato l’indirizzo giurisprudenziale in base al quale un finanziamento per il quale si invocano le garanzie di cui all’art. 39 del TUB (Testo unico bancario – D.Lgs. 1/09/1993, n. 385) può essere dichiarato nullo, anche parzialmente allorché risulti che le parti avrebbero comunque voluto il contratto, seppure con un contenuto ridotto eliminando le clausole viziate (Cass. Civ., sent. N. 9219 del 1/09/1995). La ragione che spinge a considerare nullo il contratto nasce dalla considerazione che con il contratto di mutuo “fondiario”, le somme mutuate non sono messe concretamente a disposizione della parte mutuataria ma sono destinate ad estinguere unicamente pregresse esposizioni debitorie di natura chirografaria verso la banca mutuante.  In tal modo la banca acquisisce una prelazione ipotecaria che precedentemente non aveva, utilizzando uno schema che gli assicura prerogative e vantaggi, non ultimo il consolidamento dell’ipoteca entro 10 giorni nonché garanzie processuali consistenti nella indifferenza al fallimento dell’impresa mutuata. In effetti,in tale contesto, il credito fondiario gode di una disciplina speciale, caratterizzata dalle seguenti regole: 1) esenzione da revocatoria per la concessione di ipoteche a garanzia dei finanziamenti (art. 39, quarto comma, primo periodo, t.u.b.); 2) esenzione da revocatoria per i pagamenti effettuati dal debitore a fronte di crediti fondiari (art.39, quarto comma, secondo periodo, t.u.b.); 3) diritto degli istituti di credito di poter continuare o iniziare l’esecuzione individuale pur in presenza di fallimento del debitore (art. 41, secondo comma,t.u.b.); 4) destinazione alla banca delle rendite degli immobili ipotecati (art. 41, terzo comma, t.u.b.). Si spiega così il tentativo, sovente posto in essere dalle banche, in presenza di segnali di depauperamento della situazione economico-finanziaria del soggetto affidato, di porre un argine alle conseguenze di una eventuale procedura esecutiva o concorsuale in testa al mutuante proponendo allo stesso di trasformare il debito chirografario in mutuo fondiario, magari con l’intesa di corrispondere una ulteriore iniezione di liquidità. D’altra parte, non appare possibile che comportamento opportunistici del genere, possano essere ritenuti accettabili e non subire il vaglio giudiziario. Diversa è la fattispecie nella quale, invece, sia il cliente a chiedere alla banca la concessione di ulteriore finanza e il consolidamento di tutte le esposizioni in un mutuo ipotecario. Queste due diverse ipotesi giustifichino le conclusioni della S.C. che in presenza di fenomeni del genere ha comminato la sanzione della nullità totale (nel primo caso) o parziale (nel secondo caso). Su un piano squisitamente giuridico la nullità viene affermata in applicazione dell’art. 1418 c.c. che dispone che “Il contratto è nullo quando è contrario a norme imperative, salvo che la legge disponga diversamente. Producono nullità del contratto la mancanza di uno dei requisiti indicati dall'articolo 1325, l'illiceità della causa, l'illiceità dei motivi nel caso indicato dall'articolo 1345 e la mancanza nell'oggetto dei requisiti stabiliti dall'articolo 1346. Il contratto è altresì nullo negli altri casi stabiliti dalla legge”; in tal senso è orientata la giurisprudenza di merito, vedi per tutti: Trib. Venezia, sez. fall., decreto 26/07/212. Analogamente, la nullità per difetto di causa di un mutuo di scopo è stata espressamente dichiarata dalla Corte di Cassazione, sent. n° 8564/2009, risultando accertata la mancata ultimazione dei lavori di un complesso edilizio per la quale il mutuo era stato concesso, perché l' accordo appariva ab initio incentrato sul pagamento di debiti preesistenti del mutuatario. Ovviamente la declaratoria di nullità, anche parziale, del contratto di mutuo fondiario comporta la decadenza del regime di favore accordato in sede fallimentare.   In particolare, per ciò che attiene alla revocatoria, già con sentenza n. 20622 del 2007, la S.C. ha statuito che è sufficiente che la curatela fallimentare agisca con il meccanismo revocatorio di cui all’art. 67, co. 1, n. 2 L.F. e non è necessario che chieda, o comunque vada dichiarata, la nullità del contratto di mutuo fondiario. Ciò in quanto l’art. 67 L.F. dispone che sono revocati, salvo che l’altra parte provi che non conosceva lo stato d’insolvenza del debitore, gli atti estintivi di debiti pecuniari scaduti ed esigibili non effettuati con denaro o con altri mezzi normali di pagamento, se compiuti nell’anno anteriore alla dichiarazione di fallimento. Pertanto, non solo la radicale nullità, o la simulazione, del mutuo fondiario, ma anche la mera revoca dello stesso, comporta l’inopponibilità al fallimento ed è sufficiente ad escludere il beneficio del consolidamento dell’ipoteca previsto dall’art. 39 del TUB. Di conseguenza si apre la questione di conoscere l’esito del contratto revocato in seno alla procedura concorsuale. Ci si chiede, pertanto, se l’invalidità del contratto di cui si discute consenta o meno alla banca di insinuarsi al passivo fallimentare dell’impresa mutuataria che sia fallita. A riguardo diversi arresti della Cassazione (Cass. 26504/2013; Cass. 1807/2013; Cass. 4069/2003; Cass. 899/1973) hanno stabilito che l’ammissione al passivo del fallimento è ammessa, salvo che nell’ipotesi della simulazione o della novazione o, in altri termini, che la revoca del mutuo comporta la necessità di ammettere al passivo la somma realmente erogata atteso che all’inefficacia del contratto consegue pur sempre la necessità della restituzione della somma erogata sia pure in moneta fallimentare. Si ha ipotesi di simulazione se le parti hanno munito di prelazione ipotecaria il preesistente debito, in realtà non estinto, simulando un mutuo non voluto. Si ha novazione nel caso di sostituzione della precedente obbligazione con una nuova assistita dalla garanzia ipotecaria.  Sotto altro aspetto la predetta operazione, creando artificialmente un credito privilegiato, può essere ritenuta in frode ai creditori e suscettibile di revocatoria. Il contratto concluso in frode ai creditori non è nullo ma questi possono attivare l’azione revocatoria o la simulazione. La sentenza 4185/14  Nel solco sopra delineato, la sentenza della Cassazione n. 4185/2014, emessa a seguito di ricorso proposto da una banca avverso la sentenza della Corte di Appello di Ancona del 7/06/2008 con la quale si respingeva l’opposizione allo stato passivo del fallimento, lo ha rigettato confermando i seguenti principi: a) è consentito al giudice delegato ammettere il credito derivante dal contratto di mutuo fondiario al contempo escludendo la garanzia ipotecaria. Il giudice è legittimato ad escludere la garanzia sulla base della semplice contestazione del curatore e il curatore non è tenuto a proporre in via riconvenzionale l’azione nell’eventuale giudizio promosso dal ceditore essendo sufficiente che si limiti a richiedere il rigetto della proposta opposizione allo stato passivo. Pertanto, il mancato riconoscimento da parte del giudice delegato di un credito o di un privilegio rimane circoscritto nell’ambito della verifica dello stato passivo a seguito della richiesta del curatore; si cfr. ora l’art. 95 L.F. b) la revoca dell’ipoteca non necessariamente comporta l’esclusione dall’ammissione al passivo del credito azionato. Ciò si verificherebbe solo nell’ipotesi della simulazione o della novazione e non anche in quella cosiddetta del negozio indiretto atteso che la revoca del mutuo comporta la necessità di ammettere al passivo la somma realmente erogata giacché all’inefficacia del contratto consegue pur sempre la necessità della restituzione della somma erogata sia pure in moneta fallimentare; c) gli elementi costitutivi dell’azione revocatoria (eventus damni e scientia decoctionis) si ritengono sussistenti in ragione della concessione di tre ipoteche nell’arco di un mese che avevano diminuito la garanzia patrimoniale del debitore nei confronti degli altri creditori, cui entro pochissimo tempo era seguita la revoca degli affidamenti da parte di tutti gli altri istituti di credito. Inoltre il bilancio della società fallita evidenziava perdite consistenti che avrebbero dovuto porre sull’avviso la banca....

Mafia, 200 boss in 41bis trasferiti

Diritto 24 Il SOle 24 Ore - Gio, 10/04/2014 - 13:02
I principali capi di Cosa Nostra, tra cui Totò Riina, Bernardo Provenzano, Leoluca Bagarella e i fratelli Filippo e Giuseppe Graviano, sono stati trasferiti dalle carceri in cui erano detenuti al 41 bis da alcuni anni. Lo ha deciso e fatto eseguire il Dap, Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, nell'ambito di un piano che viene presentato come routinario, ma che, dato il particolare momento di fibrillazione delle organizzazioni criminali, tutto appare meno che ordinario. I movimenti, ...

Reati colposi, le condotte imprudenti vanno sempre previste da chi guida

Diritto 24 Il SOle 24 Ore - Gio, 10/04/2014 - 12:49
Importante decisione della IV sezione penale della Corte di cassazione che, con la sentenza del 31 marzo 2014 n. 14782, ha affermato che nella circolazione stradale non può farsi affidamento sul rispetto delle norme da parte degli altri utenti della strada e, anzi, è necessario prevedere le eventuali condotte imprudenti, imperite o negligenti che sia i conducenti che pedoni possono mettere in atto

Diritto d'autore, il prelievo per copia privata non può compensare la pirateria

Diritto 24 Il SOle 24 Ore - Gio, 10/04/2014 - 12:32
Il prelievo richiesto per realizzazione di copie private di un'opera protetta dal diritto d'autore non può essere gonfiato a causa del danno subito per le riproduzioni illegali. E il fatto che non esista alcuna misura tecnologica applicabile per contrastare le copie non autorizzate «non rimette in discussione tale constatazione». Lo ha stabilito la Corte Ue, con la sentenza nella causa C 435/12, chiarendo che non può essere tollerata una normativa nazionale che non distingua in alcun modo tra le ...

REVOCATORIA FALLIMENTARE: sono revocabili le sole rimesse volte a ridurre l’esposizione debitoria

Ex Parte Creditoris - Gio, 10/04/2014 - 11:08
I versamenti effettuati dalla società alla banca nell’anno precedente l’ammissione della società stessa alla procedura di amministrazione straordinaria non hanno natura solutoria, bensì ripristinatoria della provvista e, pertanto, non sono revocabili. Questo il principio di diritto statuito dalla Corte di Cassazione con sentenza n. 4803 del 28.02.2014. Nel caso preso in esame, la Suprema Corte ha cassato con rinvio alla Corte di Appello in diversa composizione la sentenza che aveva ritenuto revocabili le somme versate sul conto corrente dalla società nell’anno precedente la dichiarazione di insolvenza, sull’errata convinzione che non vi fosse un contratto di apertura di credito e senza tenere conto del contratto depositato dalla banca nella produzione del giudizio di primo grado. Non vi è dubbio, infatti, che l’istituto di credito fosse a conoscenza dello stato di insolvenza della società nell’anno anteriore la sua dichiarazione, anche per le numerose ipoteche fino al sesto grado gravanti sugli immobili e la presenza di pegni e privilegi gravanti sul patrimonio della società. Per contro, in atti è emerso che la banca ha concesso alla società un affidamento complessivo di oltre due miliardi di lire, come si evince dal documento prodotto nel giudizio di primo grado dalla stessa banca, documento formato da quattro facciate, intestato “lettera di risposta al cliente”, con le condizioni che regolano l’apertura di credito in conto corrente fra la banca e la società, debitamente sottoscritto dalla cliente.   La Corte di Cassazione, nel caso di specie, in presenza agli atti del fascicolo di primo grado del documento che attesta la concessione di un fido al cliente e l’indicazione dell’ammontare concesso, ha affermato il principio di diritto secondo cui le rimesse effettuate dalla società alla banca nel periodo “sospetto” in presenza di un’apertura di credito non hanno natura solutoria, bensì natura ripristinatoria della provvista e, pertanto, non sono revocabili. La sentenza in commento, dunque, ribadisce il principio per cui hanno indubbiamente carattere solutorio e, pertanto, sono revocabili ai sensi dell’art. 67, 2° comma, L.F. solo quelle rimesse volte ad eliminare o quanto meno a ridurre l’esposizione debitoria del fallito nei confronti della banca a discapito degli altri creditori. Più precisamente, i giudici di legittimità hanno affermato che sono revocabili soli i versamenti volti ad eliminare o a ridurre lo , atteso che solo in questo caso il debito è liquido ed esigibile ed il pagamento assume una vera e propria funzione solutoria. Per completezza appare doveroso segnalare anche l’orientamento di segno opposto  della Suprema Corte, la quale in una pronuncia del 2007 (sent. n. 23107 del 6/11/2007 in Il Fallimento n. 5/08) ha affermato il principio in virtù del quale “in tema di revocatoria fallimentare, per stabilire se le rimesse su conto corrente bancario assistito da una apertura di credito abbiano natura solutoria, occorre verificare se i versamenti siano confluiti su un conto passivo in corso di ordinario svolgimento del rapporto in funzione ripristinatoria o siano intervenuti in una situazione caratterizzata dalla mancanza o dal superamento della concessione del credito; tale valutazione deve operarsi con riferimento al momento dell’effettuazione dei singoli versamenti e non ex post, in relazione alla mancata utilizzazione del credito da parte del cliente, salvo che risulti provata la chiusura anticipata del conto o il blocco nella concessione dei blocchetti degli assegni ovvero condotte negoziali sintomatiche in modo univoco della natura solutoria dei versamenti". In dottrina ed in giurisprudenza, tra l’altro, è stata ritenuta la revocabilità delle rimesse effettuate su un conto corrente affidato, qualora risulti che queste abbiano concretamente e definitivamente concorso a ridurre il debito sorto a carico del cliente verso la banca  in conseguenza della utilizzazione del fido, in quanto non seguite da ulteriori prelievi. L’effetto delle rimesse in tal caso sarebbe di soddisfare il credito della banca, in palese violazione della par condicio creditorum. Un indirizzo non dissimile è stato espresso dalla sentenza n. 9064/1992 della Cassazione civile, secondo cui sono revocabili, sempre in un conto assistito da apertura di credito, le rimesse che appaiono, con accertamento ex post, avere definitivamente concorso a ridurre il debito verso la banca. Detta ipotesi è stata poi individuata nel caso in cui il conto sia stato chiuso anticipatamente, determinando in tal modo un rientro della banca stessa. In epoca successiva la giurisprudenza di legittimità ha precisato che, nel caso in cui la rimessa sia effettuata su di un conto affidato, la natura solutoria può essere certo accertata ex post, ma detto accertamento richiede la presenza di ulteriori specifiche circostanze di fatto, puntualmente indicate nell’anticipata chiusura del conto o nella indisponibilità di fatto della provvista per il rifiuto della banca di rilasciare altri blocchetti di assegni, ovvero nella revoca del fido. La chiusura del conto, dunque, è tale da rendere incontrovertibile la funzione solutoria della rimessa (tra le tante Cass. n. 20935/2005; Cass. n. 13313/1999; Cass. n. 9064/1992). Da ultimo occorre necessariamente far riferimento alla novella dell’art. 67, terzo comma, lett. b, L.F., la quale dichiara non revocabili le rimesse effettuate su un conto corrente bancario, purché non abbiano ridotto in maniera consistente e durevole l’esposizione debitoria del fallito nei confronti della banca. Detta norma va tra l’altro coordinata con l’art. 70 L.F., terzo comma, così come modificato dal decreto correttivo n. 169/2007, in cui si è stabilito che la banca, in quanto terzo revocato, deve restituire una somma pari alla differenza tra l’ammontare massimo raggiunto  dalle sue pretese  e l’ammontare residuo delle stesse. In base a ciò la revocatoria avrà  ad oggetto una somma pari alla differenza tra il massimo scoperto raggiunto nel periodo in cui è provata la scientia decoctionis e il saldo finale, poiché tale differenza indica la riduzione subita dall’esposizione debitoria del fallito  in questo periodo. Ne consegue che non è più attuale la distinzione tra rimesse solutorie affluite  su conto scoperto e rimesse ripristinatorie affluite su conto passivo. L’esplicita adesione alla teoria della differenza fra massimo scoperto e saldo finale ne comporta il necessario abbandono (in tal senso G. Cavalli, commento all’art. 67, terzo comma, lett. b, in “Il Nuovo diritto fallimentare”, diretto da A. Iorio e coordinato da M. Fabiani, Bologna 2006, 970) e di conseguenza un totale ribaltamento di prospettiva, imponendo una valutazione unitaria delle vicende subite dal rapporto di conto corrente in periodi sospetto. La effettiva funzione solutoria o ripristinatoria dei versamenti affluiti sul conto potrà essere accertata solamente ex post, alla luce di tutte le operazioni compiute fino al momento della chiusura del conto, revocando non solo gli accrediti che abbiano comportato un rientro dagli sconfinamenti, ma anche le rimesse che, sebbene avvenute nei limiti dell’apertura di credito, non siano state più seguite dai successivi prelievi e, quindi, abbiano rappresentato, con valutazione ex post un rientro per la banca.   ...

Immobile pignorato diverso da quello trasferito: invalidità e non inesistenza del decreto di trasferimento

Diritto 24 Il SOle 24 Ore - Gio, 10/04/2014 - 11:01
Il decreto di trasferimento di un immobile espropriato, che ha per oggetto un bene diverso da quello pignorato, non può considerarsi per tal motivo inesistente, bensì affetto da invalidità cui porre rimedio mediante opposizione agli atti esecutivi. Lo ha affermato la Cassazione con la sentenza 5796/2014

Risarcimento danni da insidia stradale

Diritto 24 Il SOle 24 Ore - Gio, 10/04/2014 - 10:55
Il principio secondo cui, ricorrendo la fattispecie della responsabilità da cosa in custodia, il comportamento colposo del danneggiato può - in base ad un ordine crescente di gravità - o atteggiarsi a concorso causale colposo (valutabile ai sensi dell'art. 1227, primo comma, cod. civ.), ovvero escludere il nesso causale tra cosa e danno e, con esso, la responsabilità del custode (integrando gli estremi del caso fortuito rilevante a norma dell'art. 2051 cod. civ.), deve a maggiore ragione valere ...

"Abogados", per l'avvocato generale Ue spetta l'iscrizione all'Albo italiano

Diritto 24 Il SOle 24 Ore - Gio, 10/04/2014 - 09:45
Se la Corte Ue accoglierà le conclusioni dell'avvocato generale Nils Wahl agli «abogados» trasferiti in Italia non potranno più essere posti ostacoli o paletti per l'iscrizione all'albo. Secondo le conclusioni (cause riunite C-58/13 e C 59/13), infatti, la direttiva sul diritto di stabilimento degli avvocati non ammette la prassi italiana di rifiutare - con la motivazione dell'abuso del diritto - l'iscrizione all'albo degli avvocati (nella sezione speciale riservata a chi ha ottenuto la qualifica ...

Fondi Ue anche ai professionisti

Diritto 24 Il SOle 24 Ore - Gio, 10/04/2014 - 08:45
«Per la prima volta la Commissione europea adotta un piano per i liberi professionisti nel quadro delle politiche per la crescita». Antonio Tajani, vice presidente della Commissione europea, annuncia la scelta politica di Bruxelles parlando a un gruppo di giornalisti italiani nel suo ufficio, nel palazzo Berlaymont, a fianco dei rappresentanti dei professionisti: Marina Calderone (Ordini), Andrea Camporese (Casse previdenziali), Gaetano Stella (Confprofessioni). Sembra passato un secolo da quando ...

ESECUZIONE FORZATA: SUCCESSIONE NELLA LEGITTIMAZIONE ATTIVA NEL PROCESSO ESECUTIVO

Ex Parte Creditoris - Gio, 10/04/2014 - 08:39
Per effetto della fusione per incorporazione la società incorporata non si è estinta, né per effetto della fusione è sorto un nuovo soggetto giuridico distinto sa quello incorporato ma si è verificata solo una vicenda modificativa in forza della quale la società risultante dalla fusione prosegue in tutti i rapporti anteriori alla fusione. Così si è pronunziato il Tribunale di Napoli Giudice dell’Esecuzione dr. Anna Giorgia Carbone, rigettando la richiesta di sospensione della procedura esecutiva avanzata dai debitori esecutati sul presupposto del difetto di legittimazione ad agire e del difetto di titolarità del credito. L’ordinanza in esame affronta il problema della fusione per incorporazione della società titolare del credito in altra società incorporante durante la pendenza del processo esecutivo e si pone il linea con i precedenti giurisprudenziali ed in particolare con la sentenza della Corte di Cassazione n. 6058 del 18/4/2012 secondo cui la fusione tra società non determina, nelle ipotesi di fusione per incorporazione, l'estinzione della società incorporata, nè crea un nuovo soggetto di diritto nell'ipotesi di fusione paritaria, ma attua l'unificazione mediante l'integrazione reciproca delle società partecipanti alla fusione, risolvendosi in una vicenda meramente evolutivo - modificativa dello stesso soggetto giuridico, che conserva la propria identità, pur in un nuovo assetto organizzativo, verificandosi  un mutamento formale di un'organizzazione societaria già esistente, per cui la società incorporata sopravvive in tutti i suoi rapporti alla vicenda modificativa nella società incorporante. È da premettere che l’istituto è stato oggetto della riforma del diritto societario, avvenuta con il D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, in attuazione della L. 3 ottobre 2001, n. 366, e quelle successive, che – tra l’altro – ha eliminato quale effetto naturale della fusione l’estinzione della società incorporata. È da segnalare che - già prima della riforma - l’orientamento giurisprudenziale della Corte di Cassazione (cfr. Cass. n. 4679/02; Cass. n. 10595/01) era quello di ritenere che la fusione per incorporazione realizzasse una successione a titolo universale corrispondente alla successione "mortis causa" e producesse gli effetti, tra loro interdipendenti, dell'estinzione della società incorporata e della contestuale sostituzione a questa, nella titolarità dei rapporti giuridici attivi e passivi, anche processuali, della società incorporante, che diveniva il nuovo centro di imputazione e di legittimazione dei rapporti giuridici già riguardanti i soggetti incorporati. Successivamente alla riforma e a seguito della nuova formulazione dell’art.2504 bis cc, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, valorizzando la lettera della disposizione, che non contiene più il riferimento all'effetto estintivo e sottolinea che la società che risulta dalla fusione o quella incorporante prosegue in tutti i rapporti, anche processuali, anteriori alla fusione, ha affermato che la fusione tra società non determina, nelle ipotesi di fusione per incorporazione, l'estinzione della società incorporata, nè crea un nuovo soggetto di diritto nell'ipotesi di fusione in senso stretto, ma attua l'unificazione mediante l'integrazione reciproca delle società partecipanti alla fusione.  Si verifica, dunque, una vicenda meramente evolutivo - modificativa dello stesso soggetto giuridico, che conserva la propria identità, pur in un nuovo assetto organizzativo (Cfr. ordinanza n. 2637/2006 seguita da Cass. Civ. n. 14526/2006), con la conseguenza che la fusione secondo la nuova norma è una mera modifica che lascia sopravvivere tutte le società partecipanti alla fusione, sia pure con un nuovo assetto organizzativo reciprocamente modificato, e senza alcun effetto successorio ed estintivo, attuandosi il semplice mutamento formale di un'organizzazione societaria già esistente. Consegue che: -la fusione non genera alcun mutamento nella titolarità dei rapporti giuridici anche se posti in essere prima della fusione, restando la sostituzione nella titolarità dei rapporti pregressi limitata ai soli rapporti che in precedenza facevano capo alle società incorporate; -l’originaria società intervenuta nel processo esecutivo, essendo sempre società incorporante, non può ritenersi estinta, con la conseguente validità della procura alle liti da questa rilasciata al legale costituito....

Corte Costituzionale N. 48 ORDINANZA (Atto di promovimento) 7 novembre 2013

Sentenze Corte Costituzionale - Gio, 10/04/2014 - 02:02
Ordinanza del 7 novembre 2013 emessa dal Giudice designato della Corte di appello di Reggio Calabria nel procedimento civile promosso da ... - Equa riparazione per violazione della ragionevole durata del processo - Misura dell'indennizzo - Limitazione al "valore del diritto accertato [dal giudice]" senza alcuna ulteriore specificazione o limite - Consegu ...
GU n. 16 del 09-04-2014

Corte Costituzionale N. 47 ORDINANZA (Atto di promovimento) 18 ottobre 2013

Sentenze Corte Costituzionale - Gio, 10/04/2014 - 02:02
Ordinanza del 18 ottobre 2013 emessa dal Giudice della Corte di appello di Reggio Calabria nel procedimento civile promosso da ... - Equa riparazione per violazione della ragionevole durata del processo - Misura dell'indennizzo - Limitazione al "valore del diritto accertato [dal giudice]" senza alcuna ulteriore specificazione o limite - Conseguente impossibilita' di liquidare in alcu ...
GU n. 16 del 09-04-2014

Corte Costituzionale N. 46 ORDINANZA (Atto di promovimento) 3 ottobre 2013

Sentenze Corte Costituzionale - Gio, 10/04/2014 - 02:02
Ordinanza del 3 ottobre 2013 emessa dal Giudice della Corte di appello di Reggio Calabria nel procedimento civile promosso da Costantino Maria Rosa contro Ministero della giustizia. Procedimento civile - Equa riparazione per violazione della ragionevole durata del processo - Misura dell'indennizzo - Limitazione al "valore del diritto accertato [dal giudice]" senza alcuna ulteriore specificazione o limite - Conseguente impossibilita' di l ...
GU n. 16 del 09-04-2014

Corte Costituzionale N. 45 ORDINANZA (Atto di promovimento) 30 settembre 2013

Sentenze Corte Costituzionale - Gio, 10/04/2014 - 02:02
Ordinanza del 30 settembre 2013 emessa dal Giudice designato della Corte di appello di Reggio Calabria nel procedimento civile promosso da ... - Equa riparazione per violazione della ragionevole durata del processo - Misura dell'indennizzo - Limitazione al "valore del diritto accertato [dal giudice]" senza alcuna ulteriore specificazione o limite - Conseguente impossibilita' di ...
GU n. 16 del 09-04-2014

Corte Costituzionale N. 44 ORDINANZA (Atto di promovimento) 27 settembre 2013

Sentenze Corte Costituzionale - Gio, 10/04/2014 - 02:02
Ordinanza del 27 settembre 2013 emessa dal Giudice della Corte di appello di Reggio Calabria nel procedimento civile promosso da Occhino Lino contro Ministero della giustizia. Procedimento civile - Equa riparazione per violazione della ragionevole durata del processo - Misura dell'indennizzo - Limitazione al "valore del diritto accertato [dal giudice]" senza alcuna ulteriore specificazione o limite - Conseguente impossibilita' di liquidare ...
GU n. 16 del 09-04-2014

Corte Costituzionale N. 13 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 4 marzo 2014

Sentenze Corte Costituzionale - Gio, 10/04/2014 - 02:02
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 4 marzo 2014 (del Presidente del Consiglio dei ministri). Porti e aeroporti - Norme della Regione Abruzzo - Promozione e pubblicizzazione dell'Aeroporto d'Abruzzo - Finanziamento regionale pari ad euro 5.573.000, 00 per l'anno 2013 - Ricorso del Governo - Denunciata mancata preventiva sottoposizione del progetto alla Commissione europea - Lamentata configurazione dell'intervento ...
GU n. 16 del 09-04-2014

Corte Costituzionale N. 12 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 4 marzo 2014

Sentenze Corte Costituzionale - Gio, 10/04/2014 - 02:02
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in Cancelleria il 4 marzo 2014 (della Regione Campania). Bilancio e contabilita' pubblica - Legge di stabilita' 2014 - Disposizioni afferenti la protezione civile - Imputazione dei rapporti attivi e passivi, dei procedimenti giurisdizionali pendenti nonche' dei rapporti derivanti dalle dichiarazioni dei grandi eventi, gia' facenti capo ai soggetti nominati ai sensi dell'art. 5 della l ...
GU n. 16 del 09-04-2014

Corte Costituzionale N. 11 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 4 marzo 2014

Sentenze Corte Costituzionale - Gio, 10/04/2014 - 02:02
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 4 marzo 2014 (della Provincia autonoma di Bolzano). Bilancio e contabilita' pubblica - Legge di stabilita' 2014 - Destinazione di maggiori gettiti di tributi erariali a confluire, nelle misure annuali indicate, nel "Fondo per interventi strutturali di politica economica" - Istituzione di un "Fondo per la riduzione della pressione fiscale" e destinazione ad esso, a decor ...
GU n. 16 del 09-04-2014

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