Tutela della proprietà intellettuale
In tema di competenza delle sezioni specializzate in materia di proprietà industriale ed intellettuale, ai sensi dell'art. 3 del d.lgs. 27 giugno 2003, n. 168, si ha interferenza tra fattispecie di concorrenza sleale e tutela della proprietà industriale o intellettuale sia nelle ipotesi in cui la domanda di concorrenza sleale si presenti come accessoria a quella di tutela della proprietà industriale e intellettuale, sia in tutte le ipotesi in cui, ai fini della decisione sulla domanda di repressione ...
Esercizio abusivo per l'avvocato "sospeso" che incontra i detenuti
Incorre nell'esercizio abusivo della professione l'avvocato sospeso - a seguito di una sanzione disciplinare - che continui a incontrare i detenuti suoi assistiti. Il colloquio in carcere costituisce, infatti, un atto tipico e riservato agli avvocati, né può scriminare la condotta sostenere di aver parlato d'altro, in quanto gli incontri sono stati comunque resi possibili dal «rapporto difensivo». Lo ha stabilito la Corte di cassazione, con la decisione 18745/2014, annullando la sentenza di assoluzione ...
Vendita "aliud pro alio"
Nella vendita di immobile destinato ad abitazione, il certificato di abitabilità costituisce requisito giuridico essenziale del bene compravenduto (la cui consegna, pur non rappresentando di per sé condizione di validità della compravendita, integra un'obbligazione primaria incombente sul venditore ai sensi dell'art. 1477 cod. civ.) poiché vale ad incidere sull'attitudine del bene stesso ad assolvere la sua funzione economico-sociale, assicurandone il legittimo godimento e la commerciabilità, con ...
AGEVOLAZIONE PRIMA CASA: spetta se l'immobile è ubicato nel comune in cui l'acquirente svolge la propria attività
Lagevolazione fiscale prevista per l'acquisto della "prima casa" compete se l'immobile è ubicato nel comune in cui l'acquirente "ha" la propria residenza o ove la "stabilisca" entro diciotto mesi dalla data dell'acquisto ovvero se l'immobile è ubicato nel comune in cui l'acquirente "svolge" la propria attività. È questo il principio di diritto stabilito dalla Corte di Cassazione, quinta sezione civile, con la sentenza n. 17597, pubblicata il 12 ottobre del 2012. Il caso di specie trae origine dal ricorso per cassazione proposto da un contribuente avverso la sentenza di secondo grado che non gli riconosceva il godimento del beneficio fiscale per lacquisto della prima casa. In particolare, il ricorrente sosteneva che fosse sufficiente il mero stabilimento di fatto della residenza presso limmobile acquistato o, alternativamente, la fissazione della propria attività lavorativa nel Comune in cui è ubicata l'abitazione, anche fino a diciotto mesi dall'acquisto. I Giudici di legittimità, chiamati a pronunciarsi sul caso de quo, hanno affermato, invece, sulla base di unattenta lettura dell'art. 1, Nota 2 Bis della Tariffa, Parte 1, allegata al D.P.R. n. 131 del 1986, che la norma riconoscesse lagevolazione fiscale allacquirente che nel termine di diciotto mesi fissasse la propria residenza nel comune dellimmobile, ma non anche a chi trasferisse la propria attività lavorativa nel medesimo comune in un epoca successiva allacquisto dello stesso. Inoltre, la Corte ha precisato che, ai fini della fruizione dell'agevolazione fiscale per l'acquisto della prima casa, ad assumere rilievo deve essere la residenza anagrafica dell'acquirente e nessuna rilevanza giuridica può essere riconosciuta alla realtà fattuale. Per tutti questi motivi la Suprema Corte ha rigettato il ricorso dellacquirente, con condanna alle spese di giudizio. Per ulteriori approfondimenti sullargomento si rinvia ai seguenti articoli: ACQUISTO "PRIMA CASA: VALENZA DECISIVA ALLA RESIDENZA ANAGRAFICA AGEVOLAZIONI PRIMA CASA: NON SONO COMPUTATI GLI AMBIENTI NON AGIBILI AGEVOLAZIONI FISCALI PRIMA CASA: FA FEDE LA SOLA RESIDENZA ANAGRAFICA PRIMA CASA: LA RINUNCIA ALL'USUFRUTTO NON PRECLUDE LE AGEVOLAZIONI FISCALI SULL'IMMOBILE BENEFICI FISCALI PRIMA CASA: REGOLAMENTAZIONE E LIMITI ...
DISCIPLINARE AVVOCATI: cancellato dall'Albo chi si appropria del denaro da destinare ai suoi clienti
Lavvocato che si appropria indebitamente di denaro da destinare ai suoi clienti, familiari di portatori di handicap, viene definitivamente cancellato dallalbo degli avvocati. Questo è il principio di diritto statuito dalle sezioni unite civili della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 8932 del 25.03.2014, in ordine alle sanzioni da comminare al legale che abbia posto in essere una grave violazione del codice deontologico forense. La sentenza in commento trae origine dal ricorso per cassazione proposto da un avvocato avverso la sentenza del CNF che gli aveva inflitto la sanzione disciplinare della cancellazione dallAlbo per essersi indebitamente appropriato di diverse migliaia di euro, avute dalla Regione Campania quali benefici ex Legge Regionale n. 11 del 1984, da versare a propri assistiti, familiari di persone portatrici di handicap, ed inoltre per non aver comunicato allordine di appartenenza la variazione di domicilio professionale. In particolare, lavvocato ricorrente deduceva linadeguatezza della sanzione comminatagli rispetto ai fatti ascritti allo stesso. I Giudici della Suprema Corte, intervenendo sulla questione, hanno ribadito un orientamento ormai consolidato, statuendo che il potere di applicare la sanzione appartiene agli organi disciplinari e che la determinazione della stessa non può essere oggetto di un giudizio di legittimità. Infatti, per la S.C. nei procedimenti disciplinari, a carico degli avvocati, trovano applicazione le sole norme particolari dettate dalla legge professionale, che conferiscono agli ordini professionali pieno ed esclusivo potere sanzionatorio. Gli Ermellini, però, riconoscono che il potere sanzionatorio è comunque subordinato al principio di adeguatezza della sanzione al grado di offesa, nonché al prestigio e al decoro dell'ordine professionale. Alla luce di tali considerazioni, dunque, i Giudici di legittimità, hanno dichiarato il ricorso introduttivo inammissibile....
DISCIPLINARE AVVOCATI: cancellazione dall'Albo chi si appropria del denaro da destinare ai suoi clienti
Lavvocato che si appropria indebitamente di denaro da destinare ai suoi clienti, familiari di portatori di handicap, viene definitivamente cancellato dallalbo degli avvocati. Questo è il principio di diritto statuito dalle sezioni unite civili della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 8932 del 25.03.2014, in ordine alle sanzioni da comminare al legale che abbia posto in essere una grave violazione del codice deontologico forense. La sentenza in commento trae origine dal ricorso per cassazione proposto da un avvocato avverso la sentenza del CNF che gli aveva inflitto la sanzione disciplinare della cancellazione dallAlbo per essersi indebitamente appropriato di diverse migliaia di euro, avute dalla Regione Campania quali benefici ex Legge Regionale n. 11 del 1984, da versare a propri assistiti, familiari di persone portatrici di handicap, ed inoltre per non aver comunicato allordine di appartenenza la variazione di domicilio professionale. In particolare, lavvocato ricorrente deduceva linadeguatezza della sanzione comminatagli rispetto ai fatti ascritti allo stesso. I Giudici della Suprema Corte, intervenendo sulla questione, hanno ribadito un orientamento ormai consolidato, statuendo che il potere di applicare la sanzione appartiene agli organi disciplinari e che la determinazione della stessa non può essere oggetto di un giudizio di legittimità. Infatti, per la S.C. nei procedimenti disciplinari, a carico degli avvocati, trovano applicazione le sole norme particolari dettate dalla legge professionale, che conferiscono agli ordini professionali pieno ed esclusivo potere sanzionatorio. Gli Ermellini, però, riconoscono che il potere sanzionatorio è comunque subordinato al principio di adeguatezza della sanzione al grado di offesa, nonché al prestigio e al decoro dell'ordine professionale. Alla luce di tali considerazioni, dunque, i Giudici di legittimità, hanno dichiarato il ricorso introduttivo inammissibile....
FALLIMENTO RIPETIZIONE DI INDEBITO: il curatore non può eccepire la mancanza di data certa dei contratti
Il curatore, il quale agisca in giudizio per la restituzione di una somma di denaro, che assuma corrisposta indebitamente in epoca antecedente all'apertura della procedura concorsuale, esercita un'azione rinvenuta nel patrimonio del soggetto sottoposto alla procedura, ponendosi nella sua stessa posizione sostanziale e processuale, nella posizione, cioè, che il soggetto avrebbe avuto, agendo in bonis in proprio al fine di acquisire al suo patrimonio poste attive di sua spettanza. In questi casi, infatti, il curatore del fallimento non agisce in sostituzione dei creditori al fine della ricostituzione del patrimonio originario del fallito, e cioè nella veste di terzo, ma esercita un'azione trovata nel patrimonio del fallito medesimo, come avente causa di questo, ponendosi nella stessa posizione sostanziale e processuale del fallito, quale sarebbe stata anche se il fallimento non fosse stato dichiarato, al fine di fare entrare nel suo patrimonio attività che gli competevano già prima della dichiarazione di fallimento e che sono indipendenti dal dissesto successivamente verificatosi (giurisprudenza costante da Cass. 28 ottobre 1982 n. 5926; tra le più recenti Cass. 8 settembre 2004 n. 18059). Cosi si è pronunziata la Corte di Cassazione, sezione prima, con sentenza n.23429 del 19/12/2012, nellambito di un giudizio proposto dalla curatela fallimentare al fine di ottenere la restituzione, ex art. 2033 c.c. della somma corrisposta dalla fallita in bonis a titolo di maggiorazione di canone d'affitto, in base a un contratto d'affitto d'azienda. La convenuta aveva dedotto che il pagamento chiesto in restituzione era giustificato da una transazione, in relazione alla quale il curatore aveva eccepito l'inopponibilità della stessa perchè priva di data certa. Il Tribunale aveva ritenuto che la certezza della data dovesse dedursi dalla sua anteriorità alla cancellazione dal ruolo della causa instaurata, dalla società allora in bonis, per ottenere la restituzione dei maggiori canoni pagati vin precedenza. In particolare, il Tribunale aveva utilizzato le deposizioni testimoniali dei due legali delle parti, che avevano riferito che la causa fu cancellata dal ruolo dopo la sottoscrizione della transazione. La Corte d'Appello di Firenze aveva confermato il giudizio del Tribunale. Proposto ricorso per Cassazione, la Corte affronta la questione del modo corretto di applicare l'art. 2704 c.c., rilevando, correttamente, come la eccezione di inopponibilità della transazione intervenuta tra la società, allora in bonis, e la società locatrice postuli che il curatore agisca nella fattispecie quale terzo, a tutela degli interessi dei creditori, e senza avvalersi di un'azione presente già nel patrimonio del fallito. La Suprema Corte richiama l'orientamento consolidato della corte secondo cui "il curatore, il quale agisca in giudizio per la restituzione di una somma di denaro, che assuma corrisposta indebitamente in epoca antecedente all'apertura della procedura concorsuale, esercita un'azione rinvenuta nel patrimonio del soggetto sottoposto alla procedura, ponendosi nella sua stessa posizione sostanziale e processuale, nella posizione, cioè, che il soggetto avrebbe avuto, agendo in bonis in proprio al fine di acquisire al suo patrimonio poste attive di sua spettanza" (cfr., di recente, Cass. 19 novembre 2008 n. 27510). In questi casi, infatti, il curatore del fallimento non agisce in sostituzione dei creditori al fine della ricostituzione del patrimonio originario del fallito, e cioè nella veste di terzo, ma esercita un'azione trovata nel patrimonio del fallito medesimo, come avente causa di questo, ponendosi nella stessa posizione sostanziale e processuale del fallito, quale sarebbe stata anche se il fallimento non fosse stato dichiarato, al fine di fare entrare nel suo patrimonio attività che gli competevano già prima della dichiarazione di fallimento e che sono indipendenti dal dissesto successivamente verificatosi (giurisprudenza costante da Cass. 28 ottobre 1982 n. 5926; tra le più recenti Cass. 8 settembre 2004 n. 18059). Muovendo da tali premesse, la Corte giunge alla conclusione che nella fattispecie in esame non può farsi questione di data certa e della sua opponibilità al curatore, con il conseguente assorbimento delle questioni sollevate con i primi due motivi, nella parte concernente l'omessa questione dell'idoneità della documentazione prodotta dalla società a provare in modo certo l'anteriorità della formazione del documento e circa l'ammissibilità della prova testimoniale. In altri termini, solo allorquando il curatore del fallimento agisce in sostituzione dei creditori, al fine di ricostruire il patrimonio originario del fallito (accertamento del passivo, azione di revocatoria fallimentare etc.), potrà invocare la sua veste di terzo e, pertanto, il principio della inopponibilità dei documenti privi di data certa, mentre quando il curatore si pone nella stessa posizione sostanziale e processuale del fallito, esercitando una azione che già competeva al fallito prima della dichiarazione di fallimento e che è indipendente dalla stessa, agisce come avente causa del fallito medesimo, con la conseguenza che in tale seconda ipotesi non potrà invocare lapplicazione dell'art. 2704 c.c.....
In "Gazzetta" il riordino del diritto d'autore
È stato pubblicato sulla "Gazzetta Ufficiale" del 5 maggio 2014 n. 102 il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 17 gennaio 2014 «Riordino della materia del diritto connesso al diritto d'autore, di cui alla legge 22 aprile 1941, n. 633 e successive modificazioni»
Oua, parte il tavolo: fiducia nel ministro
Fiducia nei confronti del ministro Orlando per il ''percorso intrapreso'' e stima ''per questa nuova fase di confronto che vede la partecipazione attiva di tutta l'avvocatura, nelle sue rappresentanze politiche, istituzionali e associative''. È quanto ha espresso il presidente dell'Organismo unitario dell'avvocatura, Nicola Marino, che ha preso parte all'incontro che il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, ha avuto ieri con le rappresentanze degli avvocati (Oua, Cnf, Cassa Forense e Associazioni).
...
Avvocati in sciopero, i perché in mezza pagina su Corsera
Una mezza pagina pubblicitaria sul Corriere della Sera per spiegare, ancora una volta, le ragioni che hanno portato negli ultimi mesi gli avvocati in trincea con scioperi e altre forme di protesta. L'hanno acquistata con una raccolta di fondi gli avvocati sardi e leccesi. Sei "sai che" per ricordare dove sta andando la giustizia. Il primo: "Sai che il Contributo Unificato, tassa che il cittadino deve pagare per iniziare una causa, in 10 anni è aumentato del 55,62% per il primo grado, del 119,15% ...
Stp, socio di capitale determinante nella gestione
Consultando il registro delle imprese, si scopre che le società tra professionisti attualmente iscritte sarebbero trecentosettanta. Un numero ancora esiguo, rispetto alla platea di riferimento, ma in graduale e costante aumento, a dispetto della assenza di specifiche disposizioni fiscali e previdenziali e della incertezza del dato normativo, a cominciare da quello relativo ai criteri di imputazione della responsabilità
In "Gazzetta" il "Salva Roma"
È stata pubblicata sulla "Gazzetta Ufficiale" del 5 maggio 2014 n. 102 la legge 2 maggio 2014, n. 68 "Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 6 marzo 2014, n. 16, recante disposizioni urgenti in materia di finanza locale, nonché misure volte a garantire la funzionalità dei servizi svolti nelle istituzioni scolastiche
DERIVATI: validi anche se lalea è soltanto a carico dellinvestitore
La causa tipica dello swap è costituita dallo scambio di flussi finanziari in base alle variazioni dei tassi, mentre lo scambio reciproco dei rischi commerciali (che è soltanto la conseguenza della variazione predetta) è elemento esterno al negozio e ne connota la natura tendenzialmente aleatoria ed economicamente incerta per le parti contraenti. La mancanza di alea bilaterale, pertanto, non potrebbe neanche astrattamente determinare la nullità negoziale per difetto di causa. Questo il principio affermato dal Tribunale di Milano, Giudice dott. Francesco Ferrari, sentenza n.978 del 28 gennaio 2014, in tema di contratti derivati e di nullità per difetto causa, respingendo la domanda di un cliente anche con la condanna al pagamento delle spese processuali. La decisione in commento, è stata assunta a definizione del giudizio proposto da una società in danno di un intermediario finanziario per sentir pronunciare la nullità di un contratto di interest rate swap per difetto di causa o comunque per difetto di accordo sullalea, sul presupposto che la banca, al momento della stipula, sarebbe stata certamente in grado di determinare ex ante - sulla base del tasso forward - la tendenza al ribasso del tasso Euribor, con conseguenti differenziali negativi e addebiti di interessi a carico del cliente, circostanza che si sarebbe verificata dopo poco la stipula. Con tale decisione, il Giudice meneghino, nel ritenere valido e legittimo il contratto derivato, prende le distanze dalla teoria della scommessa razionale condivisa dalla Corte dappello di Milano, in data 18 settembre 2013, dal Tribunale di Torino, in data 27 gennaio 2014, secondo cui banca e cliente devono conoscere e condividere la misura, scientificamente misurata, dellalea che assumono con la sottoscrizione dello strumento finanziario. Le pronunce precedenti avevano, infatti, affermato, con portata innovativa ma non immune da critiche, che, essendo pacifico che qualsiasi derivato è un contratto di scommessa lecita ed autorizzata, gli scommettitori (banca e cliente) devono essere entrambi in grado di stabilire o, comunque, conoscere le probabilità di vincita della scommessa al momento della sua conclusione, con la conseguenza che leventuale assenza di elementi, per il cliente che non potesse essere inquadrato come operatore qualificato, in grado di far conoscere gli scenari probabilistici di vincita della scommessa, avrebbe un impatto sulla validità del contratto determinandone la nullità per mancanza di causa o, comunque, per mancanza di accordo su un elemento essenziale. Dette decisioni, però, non possono del tutto convincere laddove si rilevi che mai nessuna norma ha espressamente richiesto agli intermediari di fornire informazioni sugli scenari di probabilità, per cui tale requisito per giunta a pena di nullità- è estraneo ed ulteriore rispetto alla regolamentazione di dettaglio applicabile alla negoziazione di strumenti finanziari. La società attrice, infatti, lamentava che tale conoscenza da parte della Banca avrebbe fatto venire meno ab origine lelemento essenziale del contratto costituito dalla causa tipica aleatoria. Sul punto, il Tribunale di Milano, con la sentenza in commento, ha rilevato la circostanza del ribasso dei tassi Euribor manifestatosi poco tempo dopo la stipula del contratto ma statuisce che le cause sarebbero da attribuire ad un factum principis e, cioè, alle decisioni delle Banche Centrali in considerazione della stagnazione economica, e che tale factum principis rappresenterebbe non già un evento previsto o prevedibile, probabile o improbabile, ma una mera concretizzazione dellalea contrattuale. Il Giudice specifica ulteriormente che la mancanza di alea bilaterale non potrebbe neanche astrattamente determinare la nullità negoziale per difetto di causa. Il principio di diritto, logicamente motivato con la sentenza appare chiaro e può, così, essere sintetizzato: 1) lintermediario non deve prevedere landamento del derivato che va a concludere col cliente informando sugli scenari probabilistici della scommessa; 2) il derivato deve prevedere i criteri di liquidazione dei differenziali; 3) il contratto è aleatorio ed valido anche se lalea è a carico solo del cliente....
Appello da rifare se muore il difensore
Alla morte del difensore scatta l'interruzione automatica del processo che comporta la nullità di tutti gli atti comunque compiuti in epoca successiva. Lo hanno chiarito le Sezioni unite della Cassazione, con la decisione 9623/2014, annullando una sentenza della Corte di appello di Roma e rinviando la decisione ad altra sezione del giudice territoriale
Fermo amministrativo per un debito Irpef al giudice tributario
Spetta al giudice tributario decidere la causa relativa al fermo amministrativo disposto per un debito Irpef. Lo hanno stabilito le Sezioni unite della Corte di cassazione, con la sentenza 9678/2014, respingendo il ricorso di un curatore fallimentare che, fra l'altro, aveva anche dedotto di essere estraneo alla pretesa impositiva
Minori, nel giudizio abbreviato la decisione spetta al collegio
«Nel processo penale a carico di imputati minorenni la competenza per il giudizio abbreviato, sia esso instaurato nell'ambito della udienza preliminare o a seguito di decreto di giudizio immediato, spetta al giudice nella composizione collegiale prevista dall'articolo 50-bis, comma 2, dell'ordinamento giudiziario». È questo il principio stabilito dalle Sezioni unite della Corte di cassazione con la sentenza 18292/2014 che ha ribaltato l'orientamento precedente
Orlando, Ddl civile presto in Cdm
Arriveranno «in Consiglio dei ministri nelle prossime settimane» alcuni provvedimenti «per deflazionare» la giustizia civile. Lo ha detto il guardasigilli Andrea Orlando, ribadendo che «in giugno ci sarà una riforma più complessiva»
Legittima la destituzione di diritto del poliziotto sottoposto a misura di sicurezza
Non è incostituzionale la destituzione automatica del personale della Polizia di Stato sottoposto ad una misura di sicurezza personale (ex articolo 215 del Cp). Lo ha chiarito la Corte costituzionale, con la sentenza 112/2014, dichiarando non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 8, comma 1, lett. c), del Dpr 737/1981, sollevata, in riferimento agli articoli 3 e 97 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo per la Sardegna
Il principio di affidamento nel Diritto Amministrativo
Nel diritto amministrativo il principio di legittimo affidamento viene a realizzarsi in tutte le ipotesi nelle quali una situazione giuridica favorevole al soggetto viene a creare un determinato grado di stabilità nella sfera giuridica del destinatario (Tar Lazio, n.76/2007).
PRELIMINARE DI COMPRAVENDITA: sentenza ex art.2932 cc conseguibile anche per immobile con irregolarità urbanistica
"In tema di esecuzione specifica dell'obbligo di concludere un contratto di compravendita, ai sensi della L. 28 febbraio 1985, n. 47, art. 40, non può essere pronunciata sentenza di trasferimento coattivo ex art. 2932 c.c., non solo allorchè l'immobile sia stato costruito senza licenza o concessione edilizia (e manchi la prescritta documentazione alternativa: concessione in sanatoria o domanda di condono corredata della prova dell'avvenuto versamento delle prime due rate dell'oblazione), ma anche quando l'immobile sia caratterizzato da totale difformità dalla concessione (e manchi la sanatoria). Ove, invece, l'immobile - munito di regolare concessione e di permesso di abitabilità, non annullati nè revocati - abbia un vizio di regolarità urbanistica non oltrepassante la soglia della parziale difformità rispetto alla concessione (nella specie, per la presenza di una nuova scala esterna), non sussiste alcuna preclusione all'emanazione della sentenza costitutiva, perchè il corrispondente negozio di trasferimento non sarebbe nullo, ed è pertanto illegittimo il rifiuto del promittente venditore di dare corso alla stipulazione del definitivo, sollecitata dalla promissaria acquirente". Esprimendo tale principio di diritto, la Corte di Cassazione, con la sentenza n.8081 del 7 aprile 2014 in commento, definisce i limiti di applicabilità dellart.40 II comma della legge n.47 del 1985 recante Norme in materia di controllo dell'attività urbanistico-edilizia. Sanzioni amministrative e penali. Per una analisi approfondita della pronuncia, è opportuno prendere le mosse dallindividuazione del contesto normativo. IL CONTESTO NORMATIVO Art.40, secondo comma - Legge n.47 del 1985 Gli atti tra vivi aventi per oggetto diritti reali, esclusi quelli di costituzione, modificazione ed estinzione di diritti di garanzia o di servitù, relativi ad edifici o loro parti, sono nulli e non possono essere rogati se da essi non risultano, per dichiarazione dell'alienante, gli estremi della licenza o della concessione ad edificare o della concessione rilasciata in sanatoria ai sensi dell'articolo 31 ovvero se agli atti stessi non viene allegata la copia per il richiedente della relativa domanda, munita degli estremi dell'avvenuta presentazione, ovvero copia autentica di uno degli esemplari della domanda medesima, munita degli estremi dell'avvenuta presentazione e non siano indicati gli estremi dell'avvenuto versamento delle prime due rate dell'oblazione di cui al sesto comma dell'articolo 35. Per le opere iniziate anteriormente al 1° settembre 1967, in luogo degli estremi della licenza edilizia può essere prodotta una dichiarazione sostitutiva di atto notorio, rilasciata dal proprietario o altro avente titolo, ai sensi e per gli effetti dell'articolo 4 della legge 4 gennaio 1968, n. 15, attestante che l'opera risulti iniziata in data anteriore al 1° settembre 1967. La disposizione dellart.40, sin dalla sua entrata in vigore è stata al centro di un dibattito che ha visto contrapporsi una lettura formale ad una lettura sostanziale delle norme in essa enunciate. Infatti, secondo una parte della dottrina e della giurisprudenza, lambito della sua applicazione andava definito attenendosi fedelmente al testo. Pertanto, la sanzione della nullità colpiva solo contratti ad effetti reali in cui mancasse la dichiarazione dellalienante relativa allesistenza del titolo edilizio. Secondo altra dottrina e giurisprudenza, come, peraltro, rilevato anche dal Consiglio del Notariato, linterpretazione formale rischiava di entrare in contrasto con la ratio della legge n.47 del 1985 finalizzata a combattere il fenomeno dellabusivismo edilizio, ormai non più definibile di necessità, e a tutelare linteresse generale della collettività e del mercato che gli immobili nascano e si trasmettano soltanto se non sono edificati abusivamente. Pertanto, è stata proposta una lettura sostanziale tendente ad ampliare lambito di applicazione della sanzione della nullità ex art.40, al di là dello stretto dettato normativo. Secondo tale interpretazione, dunque, è necessario che si accerti la veridicità della dichiarazione dellalienante, verificando leffettiva esistenza dei titoli edilizi. IL COMMENTO Il giudice può trasferire limmobile con una sentenza costitutiva ex articolo 2932 cc anche quando il cespite presenta unirregolarità urbanistica. Se il vizio non è grave, laddove la difformità dei locali rispetto alla concessione edilizia risulta soltanto parziale, può invero provvedere il giudice a dichiarare lobbligo di concludere il contratto perché il corrispondente negozio fra le parti non sarebbe comunque nullo. La Corte di Cassazione con la sentenza n.8081 del 7 aprile 2014 fornisce, pronunziandosi in questi termini, un ulteriore contributo al dibattito sul tema della alienazione di immobili con irregolarità urbanistiche, esaminando la possibilità che il promittente acquirente, ai sensi dellart.2932 c.c., ottenga una sentenza costitutiva degli effetti di una compravendita definitiva che abbia come presupposto un contratto preliminare di un immobile edificato prima della cosiddetta legge Ponte del 1967 e, successivamente, oggetto di lavori di ristrutturazione effettuati senza le richieste autorizzazioni. Ebbene, il Giudice di legittimità ha rilevato, in primo luogo, che al contratto preliminare non si può applicare lart.40 della legge n.47 del 1985 che fa espresso riferimento solo a contratti ad effetti reali. Pertanto, un preliminare avente ad oggetto un immobile con gravi irregolarità edilizie non può essere dichiarato nullo. La Corte, poi, osserva che dopo il preliminare si può procedere alla sanatoria delle irregolarità dei titoli edilizi. In tal modo potrà essere stipulata una valida compravendita definitiva. Similmente, a seguito dalla sanatoria, il promittente acquirente potrà conseguire una sentenza ex art.2932 c.c. Diversamente, laddove non si dovesse procedere alla sanatoria, il contratto definitivo di compravendita sarebbe nullo e il promittente acquirente non potrebbe ottenere alcuna sentenza costitutiva. Lart.40 II comma della legge n.47 del 1985, quindi, trova applicazione, non solo con riferimento alla compravendita definitiva, ma anche alla sentenza ex art.2932 c.c. Del resto la sentenza costitutiva altro non è che un provvedimento giudiziale volto a sostituire latto negoziale e non può permettere di realizzare un effetto diverso rispetto a quello connesso allatto negoziale. Concludendo, la sentenza ex art.2932 c.c. non può essere pronunciata quando l'immobile sia stato costruito senza licenza o concessione edilizia e manchi la prescritta documentazione alternativa (concessione in sanatoria o domanda di condono corredata della prova dell'avvenuto versamento delle prime due rate dell'oblazione), e quando l'immobile sia caratterizzato da totale difformità dalla concessione e manchi la sanatoria. Invece, quando limmobile munito di regolare concessione e di permesso di abitabilità, non annullati, né revocati, presenti un vizio di regolarità urbanistica non oltrepassante la soglia della parziale difformità rispetto alla concessione, non sussiste alcuna preclusione all'emanazione della sentenza costitutiva, perché il corrispondente negozio di trasferimento non sarebbe nullo....